Lirica
I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA

Napoli, teatro di San Carlo, …

Napoli, teatro di San Carlo, …
Napoli, teatro di San Carlo, “I lombardi alla prima crociata” di Giuseppe Verdi I LOMBARDI NELLA TRADIZIONE (e gli sconti last minute) Come a Firenze l'ultima recita di “Carmen”, così a Napoli l'allestimento de “I lombardi” è dedicato a Leyla Gencer, indimenticabile interprete recentemente scomparsa che al San Carlo aveva fatto il suo debutto in Italia. E proprio a Firenze “I lombardi” sono andati in scena l'ultima volta, un allestimento in epoca contemporanea così diverso da questo del San Carlo, dove hanno “rispolverato” un vecchio allestimento improntato alla tradizione. Scene e costumi (Paolo Tommasi) creano gli ambienti a cui il libretto fa riferimento, con poca fantasia già all'epoca del debutto e che oggi appaiono datati. I numerosi cambi di scena vengono operati con quinte che si spostano lateralmente e con fondali vistosamente finti (penso ai profili di minareti e moschee che si stagliano contro un cielo illuminato da lucine come un presepe). Poche differenziazioni tra l'ambiente lombardo e quello mediorientale, al punto da faticare per seguire il plot (molti gli stranieri in sala), e non bastano quattro rocce (spostate a mano lentamente sembrano piuttosto icebergs alla deriva) a dare l'idea del deserto. I costumi sono storici, ispirati ai dipinti dell'Ottocento più che a una ricerca filologica. Le luci (Guido Levi) sono poco precise, con improvvisi bui, oppure non illuminano quanto deve risaltare (di certo con le repliche certe inesattezze spariranno). La regia rispecchia l'impatto di scene e costumi. Giancarlo Cobelli ha un notevole senso del teatro e una grande conoscenza dei movimenti per i gruppi ed i singoli, ma non riesce a catturare l'attenzione dello spettatore, essendo la sua regia priva di un'idea forte e risultando piatta e opaca. Infatti se l'opera spicca per diverse incongruenze nel libretto, la regia non riesce a superarle, limitando i movimenti all'entrare ed uscire dal palco ed a quello che banalmente ci si aspetta. Nel cast Raimondo Ruggeri ha sostituito a pochi giorni dal debutto Erwin Schrott (apprezzato interprete di Pagano a Firenze), deludendo ampiamente: la voce non è quella di un tempo, neppure dei mesi precedenti, e la presenza scenica nel ruolo di Pagano non supplisce le carenze vocali. L'emissione è pesante e larga nei tempi, compromettendo gli acuti ed il registro centrale, affetto da un vibrato ampio. Ha invece convinto la Giselda di Dimitra Theodossiou sia nei momenti di coloratura che nei momenti di canto spiegatamente lirico. Il soprano è una brava cantante con incredibile temperamento: il registro superiore è smaltato e vivo, i piani sono efficacissimi (in special modo nella preghiera), il legato plasmato attendibilmente. Alcune parti minori hanno faticato a trovare interpreti capaci di renderne la statura musicale. Tito Beltran è un Arvino che fatica nel registro acuto; Maria Cioppi è una Viclinda autorevole; Enrico Iori è uno scuro Pirro, giustamente più grave di Pagano, ma poco incisivo; Luca Casalin è uno ieratico priore, simile a un arcivescovo nel pomposo ed ingombrante costume che lo fa muovere come un automa; Antonio De Gobbi un Acciano misurato; Fabio Sartori un Oronte appassionato; Adelina Scarabelli un'adeguata ma ordinaria Sofia. Pier Giorgio Morandi ha diretto l'Orchestra del San Carlo con poca fantasia, non segnalandosi per accensioni roventi, né momenti lirici, né particolari sottolineature, con poche variazioni nei tempi (sempre piuttosto lenti) e nei colori, non guadagnandone l'atmosfera sul palco che rimane priva della tensione necessaria al dramma, che ha significati così attuali nella cronaca. Il coro, preparato da Marco Ozbic, ha in quest'opera, nata per battere con piena determinazione il ferro ancora rovente di “Nabucco”, un ruolo di rilievo e, seppure non eccellendo, arriva alla fine in modo meritorio, seppure non brilla l'atteso “O signore dal tetto natìo”, accompagnato da tiepidi applausi. Qualche posto vuoto in teatro, pubblico poco attento, alla fine applausi senza eccessi. Il San Carlo si prepara a chiudere per imponenti lavori che dovrebbero finire entro il gennaio 2009: modernizzazione del palcoscenico, abbattimento delle barriere architettoniche, aria condizionata, rinnovo degli impianti, per cui la regione Campania ha già stanziato 50 milioni di euro. Così il teatro ospiterà ancora Turandot in giugno, poi “L'italiana in Algeri” a settembre sarà all'Auditorium della RAI. Interessante l'idea degli sconti last minute sui biglietti: altri teatri dovrebbero seguirla, per avvicinare i giovani a teatro ed evitare posti liberi. Visto a Napoli, teatro di San Carlo, il 16 maggio 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al San Carlo di Napoli (NA)