La mitologia greca è da sempre fonte di ispirazione e di rielaborazione di temi artistici e teatrali. La storia di Dedalo e Icaro non fa eccezione.
La Compagnia Facchetti – De Pascalis, in collaborazione con CRT, ha messo in scena al Teatro Leonardo la sua versione del mito: “Icaro & Dedalo s.r.l.”.
L’intenzione è quella di utilizzare le figure della famiglia di Dedalo per parlare della famiglia come nucleo, degli scontri - fisiologici e non - al suo interno, dei non detti che lacerano le relazioni. Il labirinto in cui i tre abitano diventa il simbolo di una ragnatela nella quale si resta impigliati senza poter uscire, liberarsi, avere una vita propria. Icaro è ovviamente il perno attorno a cui ruota il racconto del tentativo di liberarsi, di spiccare il volo. E la sua morte, che ci viene presentata all’inizio come un fatto ineluttabile, dovrebbe porci, come spettatori, in uno stato di ansia e attesa (è lo straordinario effetto delle storie costruite bene: ci tengono sulle spine anche se sappiamo già come andranno a finire).
“Icaro & Dedalo s.r.l.” però non riesce a raccontare davvero nessuna storia né a creare nessuna sensazione forte.
Icaro diventa in scena solo un giovane ribelle, frustrato - come tutti i giovani ribelli da cliché - dalla famiglia e, in questo caso in particolare, da un padre padrone che è convinto di averlo in pugno. Dedalo ricompare nella vita del figlio dopo una lunga e non meglio precisata assenza e viene presentato e vissuto come un intruso, come qualcuno che ha solo colpe da espiare. Dedalo si trasforma da inventore e genio, qual era secondo il mito, in un burbero e insensibile macho creatore di cialtronerie che tenta di sottomettere la sua famiglia, Naucrate in primis, figura materna che - guarda a caso! - si rivela indecisa e debole, se non nell'affiancarsi al figlio nella guerra, a tratti quasi infantile, contro il padre.
I rapporti familiari appaiono solamente tesi, e quindi - come spesso accade sul palco – urlati e nevrotici, senza una reale evoluzione né una reale concretezza. Si vedono chiaramente le indicazioni di regia e questo - in uno spettacolo che, considerati i temi, dovrebbe infilarsi silenziosamente nella nostra mente senza fare rumore per lasciarci spazzati e tristi - non fa che esasperare la banalità di ciò che vediamo.
Anche le incursioni di altre storie – come quella di Pinocchio – che nell’intenzione drammaturgica dovrebbero aiutare a tenere insieme i pezzi in modo metaforico, non fanno che aumentare il senso di dispersione e caos.
La sensazione è che si sia scelta la strada più facile: per mostrare il conflitto si urla, per mostrare la lite ci si picchia, per mostrare una falsa pace familiare si fa un pic nic con tovaglia in terra e vino… Le scelte non risultano efficaci e non trasmettono né il senso del conflitto di ruolo e generazionale che è al centro della relazione tra padre e figlio, né il senso della sfida vitale di Icaro.
Il mito di Dedalo e Icaro offre, ormai da migliaia di anni, più spunti di quelli con cui si esce da teatro.