L'allestimento del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, realizzato in coproduzione con la Greek National Opera di Atene dove ha debuttato a febbraio 2016, conferma la passione rossiniana del pubblico bolognese ed è simpaticamente originale, in grande misura grazie alla scenografia e alle luci di Nicolas Bovey, la cui caleidoscopica rilettura è accattivante quanto basta, ma non si sviluppa appieno sul piano drammaturgico, anche se riesce a sottolineare le più contraddittorie pieghe della trama. Vera protagonista di questa regia è comunque la luce che, a partire dal pannello psichedelico che apre la scena all’inizio, regge e accompagna tutta la rappresentazione, riportando a una eterna contemporaneità il capolavoro del maestro di Pesaro. Per interpretare questa rilettura registica ci affidiamo alle parole del regista Francesco Micheli: “Approfondendo la lettura del Barbiere di Siviglia mi sono concentrato sulla figura di Rosina che vive la ‘tragedia’ di una qualsiasi ragazza segregata in casa, dramma tipico dell’adolescenza di tutti i tempi. Rossini dà voce al bisogno di ribellione di un intero sesso e di un’intera generazione. Dentro quest’opera c’è il dinamismo dei giovani contro la stasi opprimente dei vecchi, in un susseguirsi di accesi contrasti. Il Barbiere non è soltanto il più significativo esempio della ricezione delle Nozze di Figaro di Mozart ma ne rappresenta il ‘prequel’: Rosina passerà da prigioniera ribelle della casa di Don Bartolo a nostalgica Contessa, nuovamente prigioniera di quel palazzo e dell’amore per il quale aveva lottato”. Non si può negare lo sguardo verso la visione ovattata del presente in Rosina, del passato con Figaro e l’obsoleto (Don Bartolo e Don Basilio) attraverso riferimenti al mondo musicale del pop.
Un cast di interpreti rossiniani di rilievo come Paolo Bordogna (Don Bartolo), René Barbera (il Conte d’Almaviva), Julian Kim (Figaro) e Aya Wakizono (Rosina), mezzosoprano giapponese fiore all’occhiello dell’Accademia della Scala e dell’Accademia Rossiniana di Pesaro, diretti da Carlo Tenan, confermano l’interesse e alzano le aspettative, non costantemente soddisfatte. La resa musicale è, infatti, controversa. Paolo Bordogna è ben calato nell’interpretazione di un ruolo che recita perfettamente anche se forse non è tra quelli maggiormente nelle sue corde; Julian Kim non mostra la forza esuberante tipiche del mattatore; Aya Wakizono è perfettamente a suo agio con le agilità rossiniane ma non altrettanto nei molteplici passaggi di registro; René Barbera ha solo acuti pieni e rotondi. Luca Tittoto col suo Don Basilio fa valere bella voce e teatralità, anche se incorre in trappole che abbassano qualità d'emissione. Laura Cherici con la sua esperienza di palcoscenico è una Berta precisa. Innegabile merito e plauso vanno all’orchestra e al coro del teatro, ben diretti certo, ma innegabilmente pregevoli.
Alla fine, comunque, il generoso pubblico bolognese elargisce applausi a tutti, seppur lo spettacolo a tratti non convinca appieno.