Il Teatro Municipale di Piacenza non si ferma, anzi raddoppia: dopo la proposta di Aci, Galatea e Polifemo di Händel ha montato, sempre in forma scenica, Il barbiere di Siviglia di Rossini. Registrandolo in un teatro deserto e poi offrendolo subito dopo gratuitamente sulla piattaforma regionale OperaStreaming, dove resterà disponibile per qualche mese.
Ottima la scelta dell'allestimento – ne parliamo più avanti – e ottima la scelta della guida musicale, cui è stata consegnata l'Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini. E' il giovane direttore tedesco Nikolas Nägele, presenza stabile alla Deutsche Oper di Berlino, che trae da tutte le forze in campo – compreso il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, addestrato da Corrado Casati – buona coesione, nitore strumentale ed un conveniente affiatamento degli interpreti in scena. Una concertazione sicura e brillante, che procede in un clima di luminosa musicalità: ed ecco sgorgare tutto l'esprit rossiniano.
Qualche cantante si, qualche cantante no
Viaggia fra alti e bassi la compagnia, che tra l'altro annovera più d'un artista piacentino. Roberto de Candia è un Figaro travolgente, dal carattere brioso, carico di verve, che si avvantaggia come al solito d'una proiezione del fiato prodiga, e d'un timbro luminoso. Al giovanissimo tenore Manuel Amati tocca il ruolo non facile di Almaviva, che lo vede inciampare in molte difficoltà: lo spessore vocale è un po' leggero, pazienza; ma la tecnica è defettibile, l'intonazione qua e là ondivaga, gli abbellimenti non sempre precisi. Tra l'altro, Nägele gli risparmia l'arduo e gravoso cimento di «Cessa più di resistere».
Il mezzosoprano Giuseppina Bridelli indossa per la prima volta le gonne di Rosina, mettendo in campo un'ingente forza comunicativa, buona padronanza tecnica, fraseggio fantasioso e un'adeguata resa delle colorature. Don Bartolo trova in Marco Filippo Romano un interprete strepitoso, erede della migliore tradizione italiana di canto buffo: emissione consistente e dall'estensione ampia ed omogenea, timbro baritonale di colore e peso ideale, sciolto sillabato, assoluto possesso della scena.
Mattia Denti non ci prende troppo con il suo Don Basilio, greve nella linea vocale ed alquanto cavernoso nel timbro. Francesco Cascione impersona un inappuntabile Fiorello; Stefania Ferrari è una buona Berta, Simone Tansini un Ufficiale.
Ritorna in vita un allestimento gradevolissimo
L'allestimento che vediamo risale ad anni fa – apparve al Regio di Parma nel 2005, ci pare - ma è pur sempre un vero piacere ritrovarlo di nuovo. L'assetto di scena ideato da Poppi Ranchetti mette in primo piano delle altissime cancellate dalla trama finissima, simile ad eterei pizzi: ci suggeriscono l'idea di un'enorme voliera, nella quale la giovane Rosina è tenuta rinchiusa.
I costumi di Artemio Cabassi citano un gradevole '700 da stampina galante; l'illuminazione di Michele Cremona cade sempre a perfezione. E dulcis in fundo, la leggera e scorrevole regia di Beppe De Tomasi, dall'impianto prettamente tradizionale, è qui ripresa abilmente da Renato Bonajuto - già suo assistente - che pur rispettandone l'ariosità, la freschezza, il dinamicissimo gioco di ruoli, la ricalibra abilmente quel tanto che basta per adattarla alle nuove esigenze da distanziamento.