L'Opera di Roma ha commissionato un nuovo allestimento per celebrare il bicentenario della prima rappresentazione assoluta del Barbiere di Siviglia, avvenuta al Teatro Argentina di Roma per il Carnevale 1816 (le repliche si intrecciano con il nuovo allestimento della Cenerentola, altra opera che ebbe il suo debutto a Roma nel 1817 al Teatro Valle). La sfida era temibile e il regista Davide Livermore sceglie di ripercorrere le epoche storiche partendo dalla pubblicazione della commedia di Beaumarchais.
La parola d'ordine è “rivoluzione”: richiamando la diceria che vuole la prima del Barbiere rovinata da un gatto in palcoscenico, un topo meccanico sfreccia da una parte all'altra ed è il protagonista dei video a cartoni gotici realizzati da D-WOK su disegni di Francesco Calcagnini. Forse ipotizzando che la partitura di Rossini e la commedia di Beaumarchais abbiano rivoluzionato la cultura delle rispettive epoche, durante la sinfonia scorrono immagini dei più famosi dittatori, da Luigi XVI a Saddam Hussein e Pinochet passando per Mussolini (con la testa in giù), tutti decapitati con rasoio da barba da una mano evidentemente appartenente al barbiere eponimo. Rivoluzioni cruente: dai rubinetti al fianco dei ritratti scorrono fiumi di sangue in cui il topo e simboli di varie dittature economiche galleggiano e nuotano.
L'allestimento, dentro una scenografia in bianco e nero a blocchi di luoghi sovrapposti dello stesso Davide Livermore, segue epoche identificate dal regista come rivoluzionarie e i costumi dei protagonisti (di Gianluca Falaschi, anch'essi in bianco e nero con geometrie insistite) connotano le mode negli anni 1789, 1816, 1848, 1899, 1917, 1968, 1980, 2016. I cartelli segnalano lo scorrere del tempo e si adeguano ai simboli, ad esempio quello del Sessantotto è trascinato da un cannone da cui spunta un mazzo di fiori e ha agganciato sotto un megafono da corteo di protesta. Un orso è sempre presente in scena, interagendo a volte con i cantanti: incomprensibile e poco divertente. Il secondo travestimento del Conte da iettatore poteva essere meglio sfruttato. Inutile il ricorrere a effetti magici (curati da Alexander) tipo la sparizione e la levitazione. Poco chiari anche la presenza in scena della ghigliottina all'inizio (il Conte viene decapitato, perchè?), il continuo balletto di tre figuranti senza testa, la bottega di Figaro che è l'interno del Costanzi.
Insomma uno spettacolo poco divertente e a tratti di difficile decifrazione (un poco aiuta l'intervista al regista contenuta nel libretto di sala). L'escamotage delle epoche storiche risulta solo estetico e non trova alcuna efficacia nella trama, per cui non c'è una vera e forte idea alla base dell'allestimento che ricorda la cifra di certi film di Tim Burton.
Non aiuta la parte musicale, pur orchestrata dall'esperto Donato Renzetti, il quale tuttavia non riesce a restituire la brillantezza e la leggerezza della partitura, sceglie tempi non omogenei e un suono cupo e morchioso e, in alcuni momenti, pare che il raccordo tra palco e buca non sia ottimale. L'orchestra lo segue in modo routinario e il fortepiano è affidato a Marco Forgione.
Edgardo Rocha è un Conte di Almaviva che si muove disinvoltamente in scena; il canto è partecipato e morbido seppur le agilità non siano particolarmente squillanti: il tenore arriva con una certa stanchezza a Cessa di più resistere, mostrando maggiore propensione per il canto elegiaco rispetto a quello di agilità che risulta poco incisivo. Simone Del Savio è Don Bartolo, trasformato dal trucco in un anziano con la testa deforme, relegato su una sedia a rotelle dalla quale però spesso si alza con giovanile ardore, situazione che non gli giova neppure vocalmente. Teresa Iervolino sostituisce l'indisposta Chiara Amarù e la sua Rosina ha colori contraltili: il registro centrale è adatto a screziare di sensualità il personaggio ma si è avvertita una certa prudenza nelle agilità, in cui dovrebbe acquisire maggiore mordente. Florian Sempey è un Figaro giovane di cui si apprezza la morbidezza timbrica, ma il suo Barbiere è fin troppo educato per risultare dirompente e assurgere a protagonista. Ildebrando D'Arcangelo interpreta un Don Basilio gangster con braccio finto e gamba tesa, il che dà luogo a gags prevedibili; la voce, nitida e ben modulata, è sempre bella e sontuosa, seppure il cantante appaia meno in rilievo che in altre prove, qui disturbato dal voluto e troppo calcato cigolio che accompagna il continuo movimento del braccio. Sax Nicosia interpreta attorialmente Ambrogio e potrebbe essere meglio sfruttato invece che solo come un vecchio addormentato già visto in decine di allestimenti. Così anche la Berta di Eleonora De La Peña che, nell'aria Il vecchiotto cerca moglie, prende qualche acuto in libertà. Adeguati nei ruoli di contorno Vincenzo Nizzardo (Fiorello) e Riccardo Coltellacci (Un ufficiale). In scena anche la sezione maschile del Coro del Teatro preparato da Roberto Gabbiani.
Teatro gremito, vivo successo con molti applausi a scena aperta e nel finale.