Affrontare i classici è sempre lavoro di non facile attuazione. Il rischio del confronto con allestimenti di storica rilevanza artistica, l’affannosa ricerca di una chiave di lettura originale o per lo meno non banale, o, ancora, l’importanza di dare un senso alla rappresentazione tanto da non farla risultare uno spettacolo di piatta routine, sono spesso la contropartita che registi e produttori devono pagare, infatti, per aver scelto testi che nei cartelloni stimolano più facilmente l’appetito di un pubblico sempre più anoressico nei confronti del nuovo, soprattutto in teatro.
“Il Berretto a Sonagli”, nella fattispecie, è uno dei testi più rappresentati di Pirandello, che risulta tra gli autori più “saccheggiati” dall’ attualmente povera (soprattutto di idee) industria teatrale, ed ora, ad oltre tre lustri dal precedente allestimento, il siciliano purosangue Sebastiano Lo Monaco riveste ancora una volta i panni di Ciampa, rimettendo in scena la regia che allora fu di Mauro Bolognini. In una scenografia che rappresenta, anziché un tradizionale interno occlusivo (che evocherebbe anche una certa oppressione socio-psicologica ben denunciata dal dramma), un ridente terrazzino siciliano, Beatrice Fiorica(l’attrice Maria Rosaria Carli), accavallando le gambe sotto il cocente sole siciliano fra un urletto ed una macchinazione da regina Grimilde di ”disneiana” memoria, compie il suo disegno di vendetta nei confronti del marito, sospetto fedigrafo, e della di lui ipotetica amante, sposa dello povero scrivano Ciampa, il tutto con l’ accompagnamento musicale di una colonna sonora ingombrante ed in alcuni casi poco attinente. Ma tutto ciò non è il peggio. Quello su cui non riusciamo assolutamente a tacere è la scelta di una comicità ai limiti del peggior cabaret televisivo contemporaneo, della cui responsabilità non sappiamo se imputare il regista Bolognini o Lo Monaco. Non è possibile, comunque, rimanere insensibili alle battute che Fifì la Bella (Claudio Mazzenga) è costretto a reiterare per rendere una comicità di facile presa ma di dubbia qualità, o alle continue allusioni sulla sua stoltezza da parte di quasi tutti i personaggi, tanto da renderlo lo sciocco del villaggio. E soprattutto è assolutamente inaccettabile la quantità di tic con cui vengono interpretati i tre personaggi maschili, tic che hanno il loro culmine del balletto che sempre Fifì si trova a ballare inconsapevolmente con Ciampa, con successiva, inconcepibile, allusione alle gemelle Kessler. Non siamo per un teatro filologico, né tantomeno per un unicità interpretativa di un testo teatrale, ma è indubbio che certe operazioni di cosiddetto svecchiamento vadano fatte con gusto ed a ragion veduta. A nulla serve il discorso che dopo i saluti finali Lo Monaco sceglie di fare al pubblico in sala, ricordando di come Pirandello, secondo quanto avrebbe riportato la buonanima di Donna Paola Borboni, avesse accettato i lazzi con cui si erano esibiti i fratelli De Filippo in occasione della messinscena del medesimo dramma, in barba ai critici puristi: quella era ben altra storia, non giustifica l’operazione, e poi, come si dice? “excusatio non petita, accusatio manifesta”.
Visto il
25-11-2009
al
Acacia
di Napoli
(NA)