Prosa
IL CATALOGO

Un quadro, un affresco della società e delle sue sfaccettature

	Un quadro, un affresco della società e delle sue sfaccettature

Un quadro, un affresco di una dimensione sociale con le sue sfaccettature: si tratta dello spettacolo Il Catalogo scritto e diretto da Angela Di Maso, giovane artista napoletana a 360° che scrive, insegna teatro e musica, suona e si occupa di teatro anche da giornalista e critica. Il testo descrive vividamente l'incapacità, l'aridità a cui può arrivare l'umano e, più che l'evoluzione dell'intreccio, sviluppa sguardi rassegnati su una contemporaneità afflitta sempre più da sterilità fisica ed emotiva.

Il pretesto narrativo è quello di una coppia, i signori, Eric (Giuseppe Cerrone) e Rose Portman (Patrizia Eger), che vanno in un'azienda per 'scegliere' un figlio da adottare. In uno spazio abitato solo da due scatoloni di cartone, che sono lì perché la serissima e fortunata azienda sta traslocando, si incontrano con il signor Low (Claudio Finelli), dirigente dell'azienda: un uomo dal volto bianco, e rossetto rosso, ben vestito nel suo completo scuro. Sin dall'inizio provoca la coppia e sembra proprio, con quel volto disegnato, un novello Joker (il 'negativo' di Batman per intenderci), non fa che umiliarli e bistrattarli, denunciando sofferenza fisica (arrivando a starnutire addosso a loro) nei momenti in cui vede effusioni e affetto. Il suo è un ruolo sdoppiato, tra quello lavorativo fatto di convenevoli, di proposte e super promesse e quello reale fatto di continui atti con cui ribadire la sua supremazia psicologica. La situazione è netta. Per avere un figlio ci vogliono tanti soldi, per poter scegliere il figlio dal 'catalogo' ci vogliono sicurezze e denaro. E la coppia dovrà difendere la propria posizione e disponibilità a qualunque sacrificio, la propria decisione accettando compromessi e regole. Non mancano riferimenti razzisti e degradanti anche verso i bambini. Le mortificazioni sono il pane per questo uomo che, come evidenzia nel finale, ha il solo grande obiettivo di indurre alla disarmonia, alla violenza, alla rottura. Il catalogo che la coppia potrà consultare permette di scegliere ogni particolare del figlio, dal colore dei capelli al lavoro, in un'operazione che sa di demoniaco.

Dietro questo triangolo si nascondono giochi di forza che spesso sono le relazioni. Quello del signor Low sulla debolezza della coppia, che viene 'psicologicamente' ricattata e che ha la forza di plasmare, forzare il legame tra moglie e marito. Eric è più combattivo, trova sospetto, illecito e non onesto il comportamento di Low, mentre lei è disposta a tutto, ma davvero a tutto, pur di avere un bambino.

Un punto chiave è quando Lei obbligherà Eric a chiedergli scusa se la ama. Un gioco sottile del cuore che non riuscirà a salvare l'armonia visto che il signor Low tirerà tanto la corda da farla spezzare: i due litigano e lei dichiara il suo disamore nei confronti del marito, sopportato solo per avere un figlio. E non solo, la storia prenderà una piega tutt'altro che compassionevole quando sempre Low obbligherà a confessare chi dei due non può avere figli. La rivelazione, ottenuta dopo pressioni continue che vengono fatte per assicurarsi che l'affetto verso il figlio adottato non sarà mai soppiantato da quello per uno proprio, è che la sterile è lei, per un cancro. Il tono è drammaticamente esagerato perché si esaspera in un risentimento di Rose anche nei confronti del marito. Ma dal dolore e dalla debolezza nasce l'impotenza, la dimensione catatonica, quella in cui piomberà la coppia nel pur certo tentativo di trovare un equilibrio. Ora il gioco è più chiaro: sarà solo il signor Low a muoverli, fisicamente come burattini, a sederli, a dettare ogni condizione. 

Ed è in questo contesto di assenza che Low, sempre più Joker, vive un lungo monologo in cui sottolinea come disperazione, lacrime, urla, desiderio di morte e di vendetta, siano gli unici stati vitali ammessi e come il tormento sia un bisogno. Al centro è lui il deus Ex machina della vita dei due, ora inebetiti completamente e suoi assoggettati.

Lo spettacolo, ben interpretato dai tre attori, scritto con una penna docile, nonostante la durezza del tema, a volte poetica, rivela un solo limite: l'aspettativa che accada qualcosa. Che non si fermi al solo leggere con taglio pessimista l'incapacità e violenza della vita, ma che acquisti una dimensione del divenire. La freddezza calcolatrice di Low, che tutto sa e tutto crea, diventa l'unico sentire. I tre personaggi si definiscono, si rivelano, raccontando storie di sofferenza e disagio, da quella oggi piuttosto diffusa del desiderio di avere un figlio, alla convenienza e finzione dei matrimoni, alla necessità di soccombere a chi è socialmente o caratterial-psicologicamente più forte, senza evoluzione.

 

Visto il 22-01-2017
al Sala Ichòs di Napoli (NA)