IL DEFICIENTE

Mettere in scena un lavoro su…

Mettere in scena un lavoro su…
Mettere in scena un lavoro su un argomento che la comunità avverte come «tema sociale» è un’operazione che si espone ad un facile rischio; quello di doversi misurare, appunto, col senso comune, elaborando la riflessione per differenza o – peggio ancora – per supina condivisione delle idee generali. Per fortuna Berardi e Colella, scrivendo di cecità, mettono in campo il loro punto di vista libero e intelligente, che non si pone l’interrogativo conformista del “problema”, ma indaga la caratteristica del “non vedere” come possibile proprietà umana; che in questo testo sottende conflitti di relazione e paure, ma evitando letture prevedibili e convenzionali. Tre fratelli convivono in una situazione di precarietà materiale e di fragile equilibrio. Uno dei tre è cieco; ma – ribaltando il luogo comune – sono gli altri due fratelli a dipendere da lui, sia perché la sopravvivenza della famiglia è affidata a un’esigua pensione d’invalidità, sia perché il fratello cieco è quello con una personalità più marcata, capace di controllare e perfino di soggiogare gli altri due fratelli ad una dipendenza psicologica che arriva a far desiderare la cecità, seppure simulata con una benda, e il buio come condizione di libertà. La struttura del testo cresce intorno a questa efficace intuizione, che demolisce narrativamente lo stereotipo e indaga il sistema dei rapporti umani tra i personaggi con acutezza e fluidità drammaturgica. La regia affida il personaggio del protagonista cieco ad un attore vedente, mentre Berardi – che è cieco veramente – e Colella interpretano la coppia di fratelli “normodotati” e succubi; scelta autorevole, che lascia emergere con grande potenza estetica l’arbitrarietà delle categorie cognitive, l’obiettiva irrilevanza di certe tipizzazioni del quotidiano che forzano l’abito mentale a percepire la “differenza” per travestirla da identità. Buona l’esecuzione scenica, con Pietro Minniti convincente protagonista che governa con la parola i due “satelliti” Colella, fragile e pensoso, e Berardi, irrequieto ed elettrico come pervaso da istrionica follia. Auditorium Bellini - Napoli, 25 marzo 2007
Visto il
al Sala Argentia di Gorgonzola (MI)