Lirica
IL FLAMINIO

Jesi, Salisburgo d'Italia

Jesi, Salisburgo d'Italia

Mutatis mutandis, fatte le dovute proporzioni, il festival Pergolesi avvicina Jesi a Salisburgo. Nel 2010 ricorrono i trecento anni dalla nascita di Giovanni Battista Pergolesi nella città marchigiana, ma le sue formazione e carriera si svolgono a Napoli, dove muore precocemente nel 1736 di tubercolosi, per la precisione a Pozzuoli, nella fossa comune del cui duomo viene sepolto. Jesi dedica al compositore un festival che si svolge in tre stagioni, primavera, estate e inverno, mettendo in scena tutta la sua produzione.

Dopo il prologo con il concerto diretto da Claudio Abbado e le iniziative nel giorno del compleanno, il 4 gennaio, ecco dunque il Pergolesi festival di primavera, che presenta in calendario dal 4 al 13 giugno due opere, “Il Flaminio” e “Adriano in Siria” (con l'intermezzo “Livietta e Tracollo”), un oratorio commissionato dai padri filippini, “La Fenice sul rogo o vero la morte di San Giuseppe”, e una serata “Sul Fortepiano di Spontini”, spettacoli che hanno luogo in diversi spazi del territorio, dal settecentesco teatro Pergolesi di Jesi, all'ex chiesa di San Floriano (ora teatro Valeria Moriconi) sempre a Jesi, alla chiesa di Santo Stefano di Maiolati Spontini.
A questi seguiranno, nel festival estivo (dal 3 al 25 settembre 2010) e nel festival invernale (dal 17 dicembre 2010 al 16 gennaio 2011) le restanti 4 opere con i due intermezzi, un altro oratorio e tutta la musica, sacra, vocale profana e strumentale.

“Il Flaminio” (già presentato con altro allestimento nel 2004 sempre a Jesi) è l'ultima opera drammatica composta da Pergolesi, andata in scena nell'autunno del 1735 nel teatro Nuovo di Napoli su libretto, parte in italiano e parte in napoletano, di Gennarantonio Federico, poi replicata a Siena nella traduzione italiana. La musica è straordinaria, una musica di grande fascino e ricchezza, valorizzata dall'abbinamento al testo divertente e arguto che preannuncia l'opera buffa del secondo Settecento. Le tante arie sono una più bella dell'altra, molto diverse tra loro e in se stesse, coi da capo zeppi di variazioni. Il complicato plot narra l'intreccio delle vicissitudini amorose di una serie di personaggi in due ville suburbane del napoletano, situazione complicata dalla doppia identità di Flaminio, presentatosi come Giulio.

Il regista Michal Znaniecki valorizza al meglio lo spazio con forte senso teatrale, utilizzando in modo funzionale i matronei, le cappelle laterali, la pedana davanti agli spettatori, complice la murata di legno chiaro e corde di Benito Leonori e i costumi inizio Novecento di Klaudia Konieczny. Znaniecki coglie gli spunti divertenti e li sottolinea con garbata ironia; profittando delle notevoli capacità attoriali di tutti i cantanti, spinge sulla recitazione, estrapolando dai personaggi tutti i dettagli delle loro caratterialità, elemento non marginale in quanto Pergolesi aveva tratteggiato caratteri e vicende sentimentali con attenzione, dando vita a una commedia sentimentale più che buffa in senso stretto. Da citare almeno la festa del secondo atto, un gioiello di musica ben valorizzato dalla regia, con le lucine sopra l'orchestra, la botola in alto con le marionette e la confusione tutta napoletana.

Ottavio Dantone, anche maestro al cembalo nei recitativi, dirige nel modo migliore possibile l'accademia bizantina, posizionata alle spalle dei cantanti della zona absidale. Il suono è pulito e curato nei minimi dettagli, la partitura analizzata e valorizzata in ogni nota. Ottima la compagine orchestrale, su tutti il bravissimo Stefano Montanari al violino.
Adeguato il cast. Juan Francisco Gatell è l'innamorato Polidoro dalla voce luminosa e pulita; Laura Polverelli è un Flaminio tormentato e dubbioso, valorizzato dal grande talento della cantante che riesce a cogliere tutte le sfumature del personaggio ed a renderle vocalmente; Marina De Liso è una contenuta e signorile Giustina; Sonia Yoncheva è una capricciosa e viziata Agata;. Serena Malfi è lo scaramantico Ferdinando coi baffetti che arriccia con vezzoso tic; Laura Cherici e Vito Priante la coppia popolaresca Checca e Vastiano: belle le voci, perfette le recitazioni.

Premiata la scelta di allestire l'opera all'interno del teatro Valeria Moriconi, invero una chiesa sconsacrata, luogo molto suggestivo e sprone per una regia in situ. Opera lunga, quasi quattro ore, ma che scorrono via con leggerezza. Vivo successo, anche per la rivoluzionaria novità: il palmare “myKoiné” su cui leggere il libretto e tutto intorno all'opera e al compositore.

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