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IL GRIGIO

Elio crea un Gaber parallelo e lo riporta in vita

ELIO - Il grigio
ELIO - Il grigio

Elio (quello delle Storie Tese) non ha copiato Giorgio Gaber. Portando sul palcoscenico questo Il Grigio, lo showman milanese non si è ispirato al cantore del Giambellino, nè lo ha clonato: e avrebbe potuto farlo, dato che il modello di riferimento era inarrivabile. Meglio una clonazione che ispirarsi all’originale senza esserne all’altezza e senza avere capito niente. Ma Elio non ha clonato nulla. 

Nello spettacolo, Stefano "Elio" Belisari ha creato un Gaber Parallelo: uguale ma diverso, credibile come l’originale. Praticamente un miracolo, dato che Giorgio Gaberščik non era un chitarrista, un cantautore, un cabarettista, un regista: Gaber era un genere di spettacolo a sé, che poi ha formalizzato creando insieme a Sandro Luporini il Teatro Canzone.

Elio non fa rimpiangere Gaber

Già prima di assistere allo spettacolo pensavamo che Elio fosse l’unico in grado di non farci rimpiangere l’originale: forse la comune origine milanese, il fatto di essere cresciuti nello stesso milieu anche se in epoche diverse, ha aiutato Elio a entrare nella poetica del Maestro per ricrearla e raccontarla agli spettatori di oggi.

Che poi, in base al sottotesto di questo Il Grigio, non sono poi così diversi di quelli di ieri. Anzi, sono proprio gli stessi esseri umani: alle prese con le stesse paure, le stesse mediocrità, le stesse fughe, gli stessi incubi, le stesse aspirazioni velleitarie, le stesse frustrazioni, gli stessi egoismi e gli stessi slanci che si spengono troppo presto.


A reggere il sacco ad Elio è il regista genovese Giorgio Gallione, che ha curato regia e drammaturgia. Gallione è un esperto di Gaber e Luporini, e li ha portati in scena numerose volte: Il dio bambino con Eugenio Allegri; Io quella volta lì avevo venticinque anni con Claudio Bisio; gli spettacoli con Neri Marcorè Un certo Signor G ed Eretici e Corsari

La fondazione Gaber non ha mai protestato e questo è già una garanzia di rispetto filologico. Il Grigio è considerato il più difficile e importante lavoro in prosa di Gaber e Luporini. Il legame di quest’opera con Genova è profondo e va oltre lo spettacolo prodotto dal Teatro Nazionale di Genova. ll Grigio infatti è anche un doppio album dal vivo di Giorgio Gaber, pubblicato nel 1989: dentro c’è la registrazione del racconto teatrale effettuata al Politeama Genovese nell’aprile 1989.

Gallione ha fatto un Gaber su misura per Elio

Gallione ne ha costruito una versione su misura per Elio, Inserendo nel testo originale una decina di canzoni di Giorgio Gaber tra cui I mostri che abbiamo dentro, L’uomo che perde i pezzi, Il sosia, C’è solo la strada. Le canzoni amplificano e rilanciano le tematiche del testo, stabilendo un ponte ulteriore tra l’autore e lo spettacolo di oggi. I brani sono stati arrangiati da Paolo Silvestri, che ha realizzato un ambiente musicale moderno e adatto alla verve interpretativa di Elio.

Il Grigio è uno spettacolo su più livelli di lettura: a volte claustrofobico; a volte (rare) sul cazzeggio; sempre psicologico e filosofico. Il Grigio è un grosso topo: immondo, subdolo, furbissimo, invincibile, invadente, onnipresente. Un po’ alla volta si prende la scena: da fastidio collaterale e accessorio a motivo dominante, ossessionante, condizionante. Una voce registrata ripete, in un intercalare che sa già di sentenza: I mostri che abbiamo dentro. La canzone L’odore si rivela essere solo un incubo kafkiano: ma anche da sveglio la realtà non sembra essere così diversa dalla dimensione onirica.

Fuga dalla città, ma è inutile 

Il protagonista scappa dalla città e si rifugia in una casa di campagna per vivere da solo. Esito inevitabile dopo tutte le non-scelte, il non-schierarsi, il non prendere posizione in tutti i campi della vita: l’amore, la famiglia, il lavoro, i rapporti sociali. Il grigio non è bianco, non è nero, è metafora dell’incompiuto, dell’irrisolto che inquina quello che lo circonda (come gli escrementi che il topo lascia da tutte le parti e testimoniano il suo passaggio): e per questo sa di stantio, di sporco. Di un’esistenza inquinata.

Gli scatoloni bianchi della scena sono quelli del trasloco, è vero. Ma sono anche le scatole, gli incasellamenti mentali con cui gli uomini classificano una realtà inclassificabile, nel disperato tentativo di mettere ordine nel caos dell’esistenza e della psicologia umana. Scatole dove nascondere le cose, per non vederle. 

Ma è una missione destinata a fallire: il Grigio sfugge a tutti i tentativi di bloccarlo e di rinchiuderlo in una scatola, fino a costringere il protagonista ad ammettere: “Il Grigio sono io! Sei contento adesso? Io sono come te!”. Solo a questo punto il protagonista si rende conto che il Grigio è un nemico invincibile, ma inevitabile. "Un nemico che non ti faccia mai riposare nei tuoi dubbi, è necessario".

Visto il 09-11-2021
al Eleonora Duse di Genova (GE)