Dal romanzo-documento «Sandokan» di Balestrini, testimonianza letteraria sul degrado morale e culturale in un paese del casertano attanagliato dalla camorra, questo testo estrae il percorso in soggettiva di uno dei protagonisti, un giovane che si sforza di affrancarsi dal sistema culturale della comunità in cui vive, interrogandosi dall’interno sulle “anomalie” etiche del proprio gruppo. Il testo prospetta la fuga irreversibile come unica risposta della ragione, l’impossibilità di coltivare i propri valori sani senza ripiantarli altrove.
L’adattamento di Solofria propone una sequenza di quadri brevi sviluppati in forma quasi-narrativa: il testo è affidato alla parola del protagonista, come racconto più che come rappresentazione. Da un punto di vista drammaturgico, le scene sono infatti stilizzate, minimali, così da lasciare alla forza dell’esecuzione attoriale la costruzione degli spazi, delle situazioni, delle azioni. L’autorevolezza della parola emerge adeguatamente nel più corposo episodio centrale, quello del “macero” che dà il titolo al lavoro, e nel potente e tragico finale, in cui la resa attoriale raggiunge la punta migliore.
Il pubblico ha manifestato apprezzamento per questo pezzo di teatro civile, che la buona prestazione di Solofria rende convincente senza mai inciampare nella retorica.
La Corte della Formica - Napoli, 18 novembre 2006
Visto il
al
Tordinona - Sala Pirandello
di Roma
(RM)