Prosa
IL PRIMO PROCESSO A OSCAR WILDE

Orgoglio e paradosso nel Wilde di Roberto Azzurro

Orgoglio e paradosso nel Wilde di Roberto Azzurro

 La storia della civiltà e dell’evoluzione della stessa transita attraverso figure che hanno cambiato lo sguardo di un’intera società: martiri nell’immediato ma modelli senza tempo, personaggi come Oscar Wilde hanno lasciato la dimensione ordinaria del secolo per trasumanare in uno spazio di oltranze leggendarie, squarciando l’orizzonte dell’hic et nunc con l’occhio sagace ed indiscreto del cercatrovatore satirico e malinconico che, esplorando e penetrando passioni e convinzioni, carpisce le contraddizioni e i paradossi che (dis)orientano gesti e comportamenti umani.

Consapevoli, dunque, della grande responsabilità che si sono assunti, non solo in quanto artisti, ma in quanto testimoni e divulgatori di un paradigma culturale, Roberto Azzurro, interprete da sempre attento e sensibile ad una forma di drammaturgia che restituisca dignità all’immaginario collettivo dei senza diritti, e Pietro Pignatelli, attore versatile e di rara autenticità umana ed interpretativa, proiettano gli spettatori all’interno di un processo i cui presupposti omofobici e razzisti, pur lungi dall’essere oggi ragione per consimili procedimenti penali, non sono affatto scomparsi nell’ordinario orizzonte politico e sociale in cui viviamo.

L’idea registica di Roberto Azzurro, idea che restituisce alla messinscena la forza comunicativa che ne definisce il pregio, trova realizzazione proprio nella verosimiglianza con cui la dialettica tra imputato e accusatore si trasforma davanti ai nostri occhi nella dialettica, mai estinta, tra intelligenza e paura, consapevolezza e cecità, cultura e dottrina.

Una pièce che ci riconcilia con l’essenza stessa dell’esperienza teatrale dacché, in spregio a qualsiasi retorica dell’apparato e della finzione, Roberto Azzurro e Pietro Pignatelli riescono, con il solo ausilio della voce e di pochissimi altri elementi di scena, a ricostruire una dimensione di grande efficacia e suggestione, mostrandoci l’ipocrisia dell’uomo e della società senza mai scadere nella deriva facile dello scolastico e del didascalico, osservando l’antichissimo precetto etico ed estetico della poetica oraziana, cioè quello di miscere utile dulci, precetto che garantisce la convergenza di senso e piacevolezza, densità semantica ed agilità rappresentativa.

Sotto il segno dell'orgoglio e del paradosso, del ribaltamento satirico e dello strazio dei sensi, il Wilde di Roberto Azzurro si propone come maschera senza tempo della coerenza e del coraggio e, seguendo la puntuale ricostruzione degli atti processuali, risulta facile comprendere come il dandy dallo smagliante garofano verde, monumento d'umanità e intelligenza, fosse consapevole, sin dall'inizio del procedimento penale a suo carico, di essere al tempo stesso protagonista e vittima della sua epoca, soggetto ed oggetto di una lotta che non contrapponeva solo persone e vincoli affettivi, ma resistenze e timori di un sistema sociale ancora troppo rozzo e bigotto per poter salvare il genio della libertà.

Infine, non possiamo non cogliere e registrare l’emozione che pervade la platea allorché Roberto Azzurro ci porge, cariche di vita, sensi e amore, le parole del De Profundis di Oscar Wilde, la memorabile lettera-esternazione scritta dal grande scrittore al suo amato Bosie, mentre sconta due anni di reclusione ai lavori forzati nel carcere di Reading per il reato di sodomia.

Visto il 05-05-2012
al Il Primo di Napoli (NA)