Prosa
IL RITORNO

Pierattini, Cruciani e "Il ritorno" del Teatro

Pierattini, Cruciani e  "Il ritorno" del Teatro

Il teatro italiano non gode di buona salute. Questa frase che aleggia sulle nostre teste, a mò di spada di Damocle, è diventato un vero tormentone. In realtà, è sempre più il caso di tenerlo ben presente, è il sistema che governa il teatro che è malato, ed il suo morbo rende asfittico ogni anelito artistico. Uno dei più forti sintomi che si palesano per la malattia del sistema teatrale è quello legato alla drammaturgia. Sempre di più nei circuiti del teatro cosiddetto ufficiale troviamo allestimenti di classici (contro cui non avremmo nulla se fossero tutti motivati da sinceri impulsi artistici) che confinano gli autori contemporanei (e per tali intendiamo quelli viventi ed ancora in attività) in cartelloni minori, spesso in periodi morti della stagione, senza che ci sia un adeguato battage pubblicitario, senza che i direttori artistici credano nel nuovo, rispetto al già noto ma spesso paludato mondo drammaturgico.
A dispetto di questa regola non scritta e per ritrovare nuova linfa vitale e credere ad un futuro del nostro teatro, consigliamo, pertanto, di seguire “Il Ritorno” bellissimo spettacolo diretto da Veronica Cruciani il cui testo è opera di uno dei più bravi e completi autori di teatro contemporaneo qui in Italia, quel Sergio Pierattini dalla cui penna sono già usciti dei testi di grande valore artistico, letterario e, finalmente, teatrale, tra i quali  è doveroso citare“La Maria Zanella” e “Un Mondo Perfetto”.
Spettacolo duro, impegnato (nel senso più nobile del termine), rigorosamente importante, che si avvale di una regia rigorosa, essenziale che non utilizza nessun altro elemento scenico che la grande bravura degli attori a cui concede l’ormai originale compito di recitare e di farlo bene. Il testo e l’interpretazione degli attori infatti si incontrano sul palco in una magica miscela che rende finalmente al teatro la grande forza comunicativa che gli è propria.
I quattro componenti della famiglia del bergamasco su cui l’autore ha tessuto le trame di una storia terribilmente contemporanea si scrutano, senza guardarsi negli occhi, si rivolgono l’uno all’altro gridando, recriminando, mentendo, giudicando e offendendo, facendo uscir fuori tutto il male che covano dentro, le proprie insoddisfazioni, le dilanianti paure. Quattro esistenze unite da una storia terribile (che non sveliamo per non anticipare un elemento importante del testo), quattro unità che non diventeranno mai un insieme: la madre ossessiva ed ossessionata dall’altro, una Milvia Marigliano che non ci stancheremmo mai di definire strepitosa, come se questo fosse un aggettivo abbastanza forte per poterne definire la grandiosa forza interpretativa, l’eccellente vigore scenico, e la magnetica potenza espressiva degli occhi come del corpo e della voce, il figlio, che Alex Cendron riesce a far vivere sul palco in tutta la sua piccola, spietata, miseria culturale, la figlia, che ha l’espressività nervosa di Arianna Scommegna, dilaniata da sensi di colpa e dal dolore di vivere, dolore che condivide con il padre, Renato Sarti, a cui viene concessa la scappatoia dell’astratta follia in cui si rifugia per scappare da responsabilità e dolori. Un testo di grande valore civile e morale che nell’ora di durata dello spettacolo riesce a catalizzare lo spettatore che abbandona completamente le resistenze e si lascia andare a seguire una storia che, al di là delle appartenenze geopolitiche, ci riguarda tutti, e che, per la sua assenza di retorica, ci scava dentro, nel profondo, con la stessa potenza e precisione di un bisturi affilato. Uno spettacolo, “Il Ritorno” che dovrebbe essere visto da tutti, per la forza politica di cui abbiamo parlato, per il bene del teatro italiano, e perché molti imparino che sulla scena nulla vale quanto degli attori bravi ,un testo valido, ed una brava regista che riesce ad esserci (eccome) senza prevaricare con egotico presenzialismo.

Visto il 10-12-2011