Si può raccontare di tragedie contemporanee con la vivacità e l'ironia di un teatro civile. Il ricordo del magistrato Giacomo Ciacco Montalto, ucciso dalla mafia il 25 gennaio del 1983, traspare dal dialogo tra il giudice Almerighi (Bebo Storti) e Montalto stesso (Fabrizio Coniglio).
Uno spettacolo a due voci, una scena sospesa tra i fascicoli che pendono dall’alto e le panche di una barca pronta al viaggio per mare tra Civitavecchia, Trapani e la Grecia. La vita personale del giudice si unisce alla sua lotta contro la mafia trapanese e ai risvolti successivi alla morte di Montalto con il processo del 2010 di Giulio Andreotti.
I toni pacati e talvolta malinconici prolungano la durata dello spettacolo – un unico atto di circa un’ora – perché ne Il Testimone si racconta il volto umano di chi ha lottato e di chi continua a farlo tuttora, consapevole delle collusioni e dei pericoli.
Scritto dallo stesso giudice Mario Almerighi – amico e testimone al processo di Montalto – e dall’attore Fabrizio Coniglio, lo spettacolo è articolato come un dialogo tra gli attori in scena e il pubblico stesso, coinvolto attivamente sia durante che al termine dell’esibizione, perché la mafia ha cambiato colori e toni, non imbratta di rosso sangue le strade e non fa vibrare rumorosamente mitra e pistole, rimane in sordina e si amalgama nel sistema.
La memoria collettiva si risveglia e sorprende la leggerezza e l’umanità quotidiana con cui questo spettacolo racconta la vicenda personale del magistrato trapanese.
Bebo Storti saluta il pubblico con messaggio di speranza:
“I vivi chiudono gli occhi dei morti e le morti aprono gli occhi dei vivi”.