Lirica
IL TURCO IN ITALIA

Spiritoso e travolgente, il Turco in Italia di Roberto Catalano conquista il pubblico

Il turco in Italia
Il turco in Italia © Valentina Zanaga

Tante sono le cose da dire su Il turco in Italia di Rossini che il Teatro Sociale di Rovigo – inaugurando una coproduzione che raggiungerà i teatri di Ravenna, Jesi, Novara, Rimini e Pisa – presenta in dirittura d'arrivo della sua stagione lirica 2023/24. La regia, intanto, è l'aspetto forse più impattante di questo allestimento.

Roberto Catalano ed il suo staff ci tuffano in un mènage piccolo borghese degli anni '50-'60, con Fiorilla e Geronio afflitti da fregola consumistica. Mettendo in moto una schiera enorme di fattorini, lei si fa arrivare caffettiere, tostapane, frullatori, di cui riempie la casa; lui, palesemente obeso e schiavo della tivù, ordina torte e dolcetti a gogò.

Giuliana Gianfaldoni e Giulio Mastrototaro

Mutar d'amanti come di vestiti

Di qui ad aver la tentazione di avvicendare pure gli amanti, per la capricciosa donna è un passo. Ma anche il fatuo Narciso – nomen homen – cede alla tentazione di acquistare sempre nuovi fon per i suoi vaporosi capelli. Giunti alla fine, allorché Fiorilla riflette amara sulla sua sventatezza, sullo sfondo appaiono cumuli di cose gettate via, divenute ingombranti od inutili. Tutto si può vendere ed acquistare, come in scena si vende e si compra l'amore. Sempre pronti però a gettare via quello che non serve più.

Giuliana Gianfaldoni, Giulio Mastrototaro, Francisco Brito

Quanto giallo in scena!

Dominante nello spettacolo – dove le ingegnose scenografie sono di Guido Buganza – è il colore giallo, di cui sono anche vestiti i tre di cui sopra. In nero si veste Prosdocimo, un arrogante e cinico creativo d'oggi, che spinge gli altri a cose che non vorrebbero fare. Nero un po' chic anche per Selim, uno di quei cafoni che credono che con il denaro si possa avere tutto. 

Quattro svolazzanti ballerine in pailettes e piume di struzzo, come nei vecchi show della RAI, ci fanno compagnia per tutta l'opera, adorabili ed ammiccanti, al punto da prendersi sovente tutta la scena; le coreografa Marco Caudera. I costumi, molto fantasiosi e adeguati ai singoli caratteri, sono di Ilaria Ariemme. Le accurate luci di Oscar Frosio.

Francisco Brito

Regia e musica in piena consonanza

Detto questo, la rilettura registica di Catalano ci pare spiritosa e travolgente, assecondando con garbo la partitura rossiniana e l'intreccio del Romani: due basi d'eccellenza sviluppate e condotte a compimento con qualche lampo di genialità. Molto accurato nei dettagli, sempre ricco di movimento, lo spettacolo è costruito su tante piccole trovate che tengono inchiodata l'attenzione dello spettatore, e che trovano puntuale rispondenza nella vivacissima recitazione non solo dei personaggi principali, ma anche del coro e dello stuolo di comparse. 

Quanto ai sette interpreti, sotto le sue direttive procedono compatti, esuberanti, affiatatissimi. Senza passare in secondo piano che, grazie all'idonea proprietà di stile belcantistico e le belle qualità vocali che ognuno di essi porta in dote, pure il versante puramente musicale risulta di notevole livello.

Bruno Taddia


Significativo è l'esempio dato da Bruno Taddia nella parte più recitata che cantata di Prosdocimo, tipico modello di “buffo parlante”; cui toglie ogni aspetto buffonesco, infondendovi un qual sprezzante, eppur molto teatrale cinismo. 

In ottima forma è Giulio Mastrototaro, un Geronio vocalmente impeccabile, sciolto nei sillabati e ricco di inflessioni umorali; un attore eccellente che tratteggia con bella espressività un placido tenerone dagli inaspettati guizzi d'orgoglio maritale.

Francisco Brito porta in scena un garbato Narciso - più innamorato di sé che della bella Fiorilla - con voce limpida, fluente e ben proiettata agli acuti, sebbene nel complesso un pochino monocorde. Quello che ci rende il basso-baritono azero Maharram Huseynov è un Selim volitivo ed aristocratico, dal calibro giusto per una figura da “buffo nobile”, procedendo con arguta eleganza anche se il personaggio in sé, a conti fatti, è un po' gaglioffo. 

Da parte sua, Francesca Cucuzza – voce piccolina, ma carattere interessante - tratteggia un'orgogliosa e peperina Zaida.  Nel ruolo di Albazar troviamo il bravo Antonio Garés.

Giuliana Gianfaldoni, Giulio Mastrototaro, Francisco Brito, Maharram Huseynov

Fiorilla, un'ochetta sfrontata

Non abbiamo dimenticato Fiorilla, tranquilli. Ce la siamo lasciata per ultima. Il ruolo della fatua mogliettina lo sostiene Giuliana Gianfaldoni, che l'ha debuttato l'estate scorsa al Festival di Martina Franca. E che qui dimostra nuovamente non solo di saper padroneggiare l'ardua coloratura rossiniana con voce intensa e flessuosa - ancorché non troppo voluminosa -  facendo buon uso di un'emissione pulita, con piena padronanza del registro acuto. Ma anche di saper rendere alla perfezione il carattere di volta in volta capriccioso (con il marito), svenevole e mellifluo (con Selim), viperino (nel 'duello' con la rivale Zaida). Promossa a pieni voti.

Giuliana Gianfaldoni

Un direttore esuberante, ma indubbiamente bravo

In buca l'Orchestra Giovanile Cherubini è guidata dal maestro Hossein Pishkar, vincitore nel 2017 del prestigioso Deutscher Dirigentenpreis. Iraniano di nascita, tedesco d'adozione, già accolto da Muti nella sua Italian Opera Academy debuttando a Ravenna nel 2018 con un buon Rigoletto. Alle prese stavolta con Rossini ci porge una concertazione dall'impellente e vorticoso andamento narrativo, restando però sempre nitida e rifinita. 

Con un bel risultato: rendere piena giustizia ad una partitura a torto ritenuta secondaria nel suo repertorio, accendendone gli smaglianti colori sin dalla rutilante Sinfonia. Forse si sbraccia più del necessario, saltellando qua e là; però coglie perfetta intesa sia con la buca, sia con i cantanti, sciogliendo fra l'altro bene il nodo dei turbinosi concertati rossiniani. Al fortepiano siede Gerardo Felisatti; il Coro Lirico Veneto è stato preparato da Giuliano Fracasso.
 

Visto il 23-02-2024
al Sociale di Rovigo (RO)