Opera prettamente celebrativa, composta in occasione dell’incoronazione di Carlo X di Borbone, Il viaggio a Reims presenta una certa fragilità di trama che, nell’allestimento veronese, più che rivelarsi un problema da risolvere, è stata trasformata in vero un punto di forza che ha consentito a Pier Francesco Maestrini e a Joshua Held, rispettivamente regista e cartoonist, di avere una libertà estrema nel dare vita ad una serie di gag esilaranti con l’uso dell’animazione.
L’allestimento
Pochissimi oggetti di scena, cantanti che indossano buffi costumi, tali da identificare la loro provenienza nazionale, e che interagiscono costantemente con i cartoons proiettati sul fondo, in modo da rendere la finzione animata quasi reale, sono la ricetta vincente, applicata dalla coppia Maestrini-Held, che già aveva riscosso tanto successo in occasione del Barbiere di due anni fa. Collante di tutte le vicende è l’immagine, spesso reiterata, della diligenza che cade rovinosamente con bagagli e cavalli. Per il resto ci si presentano statue che si muovono, divinità che intervengono o sorvegliano sui fatti umani, una luna ammiccante che finisce con un occhio bendato, oltre all’immancabile Rossini che a tratti, fa capolino.
Alcune trovate risultano davvero divertenti come quella di Corinna che canta seduta sulla tazza del Water in bagno o, sul finale, il riferimento esplicito alla Brexit che vede l’Inghilterra uscire dalla cartina d’Europa trattenuta con una corda dai rappresentanti delle altre nazioni.
Unico difetto, oltre a qualche rumore di troppo, la grande velocità di cambiamento del cartoon rispetto a quella di una normale azione umana che inevitabilmente catalizza troppo l’attenzione dello spettatore, distraendolo forse un poco dall’aspetto musicale: ma si tratta di misera cosa.
La direzione e il cast
Elegante la bacchetta di Francesco Ommassini che ha diretto, con misura e tempi distesi, l’Orchestra areniana, sviscerando nella sua concertazione ogni dettaglio cromatico, così da pervenire a una lettura briosamente frizzante che ben interpreta lo spirito dell’opera.
Davvero ottimo l’intero cast. Eterea e dolcissima la Corinna di Lucrezia Drei, brillante e dotata di grande morbidità di voce la Contessa di Folleville di Marina Monzó, complessivamente convincente la Madama Cortese di Francesca Sassu.
Bel timbro pulito per Xabier Anduaga nei panni del Cavaliere Belfiore, grande freschezza vocale per Pietro Adaini che veste invece quelli del Conte di Libenskof, linea di canto raffinata per Giovanni Romeo che incarna il Barone di Trombonok; simpaticamente alcolico il Lord Sidney di Marko Mimica.
Alessandro Abis è un esilarante Don Profondo vestito con un pigiamone quasi da infante, Omar Kamata (Don Prudenzio) si diletta, invece, nel gioco dell’allegro chirurgo con la Contessa di Folleville, Alessio Verna nei panni di Don Alvaro sfida a duello il rivale alla maniera del vecchio West con tanto di pistola e cinturone.
Bene tutti gli altri e ottima la prestazione del coro.
Pubblico entusiasta e prodigo di applausi.