A Biennnale Danza 2019 le improvvisazioni perfette di Sasha Waltz tra geometrie e sensualità
Sasha Waltz, coreografa tedesca formatasi ad Amsterdam, propone a Biennale Danza 2019 un vero e proprio cavallo di battaglia, dal 2004 espressione del suo talento e del suo ingegno. Improptus mescola la poesia di Heine e Schiller con la musica di Schubert, confezionando uno spettacolo lirico e intimo, con una coreografia attenta ai particolari e capace di conquistare gli spettatori.
Isole di leggerezza
I danzatori, quattro donne e tre uomini, si muovono su pedane asimmetriche, caratterizzate da una forte pendenza e da un dislivello che taglia nel centro lo spazio a mo’ di cesura. Uno spazio arduo dunque, dove però gli ostacoli diventano risorse: la leggerezza e l’armonia dei movimenti sembrano infatti ricevere ulteriore slancio proprio dai piani sfalsati. L’azione riesce così a rendersi visibile o a nascondersi, amplificarsi o ridursi al minimo, grazie proprio al gioco dei vuoti e dei pieni che le pedane permettono. Esse stesse sembrano isole di leggerezza, sulle quali va in scena l’incantesimo evocato dai Lieder schubertiani, che la cantante interpreta perfettamente integrata nella coreografia degli altri danzatori. Con loro condivide i costumi che percorrono tonalità dal bianco al nero, dall’ocra alla sabbia. Improptus è infatti uno spettacolo dove l’elemento acustico è potenziato da quello cromatico: tracciati di pastello nero, linee disegnate in arancio e macchie di rosso per terra costruiscono le traiettorie lungo le quali si muovel’intera coreografia.
Il movimento è suono
E’ un pezzo di umanità quello che si rincorre in scena, che si cerca e si incontra, attraverso duetti morbidi dove i corpi sembrano non riuscire mai a prendere le distanze o figurazioni armoniose nelle quali il gruppo occupa lo spazio o dallo stesso spazio si lascia inghiottire: è il caso dei danzatori che, arrivati al limite della pedana, saltano nel vuoto scomparendo quasi avessero perso qualsiasi forza di gravità. Ma lo spazio si apre anche in altri modi, per esempio scoprendo una vera e propria piscina, nella quale le danzatrici entrano come in un recinto sacro a scopo lustrale. Si bagnano, ma soprattutto si liberano, fino a scomparire, inghiottite ancora una volta.
L’acqua della piscina è però anche suono, come l’acqua nascosta negli stivali indossati da alcuni dei protagonisti. E’ suono anche il contatto diretto dei corpi, il fiato e il respiro della fatica, sono suono il passo e i salti, è suono l’acqua che scorre trasformando le macchie di colori in altrettanti rigagnoli, quasi lacrime che rigano il palcoscenico. In questo abbraccio di suoni, il movimento acquista direzioni diverse: Improptus infatti è uno spettacolo che percorre la verticalità e l’orizzontalità, alla ricerca costante di sinuose geometrie.