Uno spettacolo che ha come protagonista Pulcinella potrebbe muovere un po’ di facile diffidenza nello spettatore di teatro alla ricerca di cose nuove. In questo caso però l’errore di valutazione sarebbe notevole: il testo di Apice utilizza il personaggio della tradizione napoletana non in quanto maschera espressionista, ma come voce della contraddizione, cui consente di legare una memoria lontana dalla retorica allo sguardo poetico sul presente; ne vien fuori un lavoro di continua sospensione drammaturgica, una sorta di lunga affabulazione interiore, ora fluida, ora resistente, che trasforma la parola immaginata in gesto scenico e vivente. D’altronde l’intento è dichiarato sin dal titolo: la prospettiva del “gioco” letterario si apre ad una meditazione senza finalità narrative o didascaliche, fatta di pura elegia; così crediamo si debba intendere anche la citazione finale, omaggio al Pulcinella eduardiano.
Il progetto non potrebbe compiersi adeguatamente senza la bravura interpretativa dello stesso Apice, che mette in gioco il suo talento attoriale per modulare la recitazione sulla risposta del pubblico, provocando l’interferenza del senso o la risata più schietta in un continuo di levità espressiva; che si concede anche qualche margine d’improvvisazione, per non dimenticare che il teatro non è mai banale riproduzione di un testo, ma atto che si vivifica “qui ed ora”, cioè ogni volta che l’attore è capace d’invitare lo spettatore al rituale.
Degno di nota il contributo musicale di Vincenzo Mercurio, che rielabora materiale tematico antico in maniera originale, dialogando sonoramente col protagonista. Uno spettacolo elegante e poetico, puntellato di garbate riflessioni e di lieve nostalgia.
Teatro Sancarluccio - Napoli, 3 novembre 2007
Visto il
al
Nuovo Teatro Sancarluccio
di Napoli
(NA)