Kaput Mundi è costituito da due atti unici dedicati a Roma, città scelta come esempio di metropoli italiana alla quale l'autore e regista, di origini milanesi, vuole rendere omaggio alle coloriture del
linguaggio, alle costruzioni verbali, al modo di provare ed esprimere i sentimenti, alle parole per manifestarli e alle situazioni sociali che caratterizzano Roma e i suoi abitanti come si legge nel programma di sala.
Uno spettacolo che vuole raccontare storie di una gioventù dimenticata e senza futuro.
Se nel primo dei due atti unici l'afflato elegiaco della storia che vede quattro amici disoccupati commuoversi dinanzi il ritrovamento casuale del cadavere di una giovane ragazza, che il gruppo decide di affidare al mare, costituisce un racconto sentito con una conclusione poetica e niente affatto retorica, il secondo atto unico fatica a sottrarsi a una zavorra ideologica che descrive il comportamento dei quattro amici - stavolta in minori difficoltà economiche - tramite una trita cornice di xenofobia e insofferenza per il potere costituito.
Non che nel primo atto manchino i cliché, dal ragazzo col padre in chemio per via di un cancro a quello perdutamente innamorato di una ragazza che non lo corrisponde, ma lì i tratti stereotipati sono sublimati da un racconto che si fa attento alle emozioni dei quattro amici, a una sensibilità che, loro malgrado, porta i quattro giovani se non già a reagire almeno ad agire.
Nel secondo atto invece i rapporti di classe, la mancanza di solidarietà tra discriminati, sono raccontati con una semplificazione troppo smaccata che riduce tutto a una questione di invidia e vendetta privata. Non a caso Claudio, il ragazzo più critico nei confronti dei commenti genericamente razzisti dei suoi amici, cambia idea e pensa a un gesto esemplare di protesta (il lancio di alcune molotov in un campo nomadi) in seguito all'aggressione subita dal padre per mano di uno zingaro.
Le motivazioni dei protagonisti lungi dall'esprimere un disagio culturale, non evadono dal particulare del proprio vissuto, senza cogliere il quadro d'insieme, economico, politico, ideologico, in cui questo particulare vive e si esprime.
Anche l'omaggio alla lingua romana si limita all'uso di un lessico timidamente dialettale, che ben diversamente dal romano contemporaneo codificato da neologismi e sgrammaticature rimane letterario e nazionale.
L'impiego delle musiche non si sottrae alla retorica della musica giovane, sottolineando i momenti più drammatici del secondo atto attraverso dei brani Rock e Heavy metal che costituiscono da sipari sonori tra una scena e l'altra dell'atto, fin troppo oleografiche e a rischio di paternalismo (Kubrick e Burgess, già quarant'anni fa, avevano mostrato come la violenza giovanile può radicarsi anche in anime in grado di amare le sinfonie di Beethoven...).
Interessante la scenografia semplice del primo atto, che vede delle pedane multiuso impiegate ora come sorta di muretto dove gli amici si ritrovano ora come spiaggia, nella scena finale al mare, anche se i bei cambi di scena al buio sono purtroppo rovinati da una illuminazione del teatro invasiva (soprattutto una scritta toilette la cui luce sconfina dalle quinte direttamente in scena) mentre la scelta di portare, nel secondo atto, due scooter veri e funzionanti sul palco distrae forse un poco l'attenzione dai fatti che avvengono in scena e fuori dalla scena.
I quattro personaggi, in entrambi gli atti, descrivono infatti a parole quel che vedono al di là del palco, fuori dalla scena, un escamotage narrativo efficace e di una certa eleganza usato però con poca parsimonia e in entrambi gli atti.
I quattro interpreti sono convincenti e credibili, la cui bravura emerge più dal confronto tra i diversi ruoli interpretati nei due singoli atti che dalle concrete possibilità espressive che i singoli atti offrono loro.
Due atti dalla durata forse eccessiva (soprattutto il secondo) non all'altezza della dichiarazione di intenti contenuta nel programma di sala, soprattutto nella drammaturgia, che sanno farsi vedere grazie agli interpreti interpreti che sanno dare spessore e spirito a dei personaggi altrimenti deboli e prevedibili.
Prosa
KAPUT MUNDI
Due atti unici poco incisivi
Visto il
30-10-2012
al
Dell'Angelo - Sala Grande
di Roma
(RM)