La Badante è l'ultimo racconto di una trilogia sul tema dell'immigrazione, scritto da Cesare Lievi, vincitore del Premio UBU 2008 come miglior autore di Novità italiana. Disposto in tre atti, della durata di un'ora e 20 minuti, questo testo è una riflessione sui cambiamenti che gli immigrati hanno introdotto sulla nostra società.
Siamo a Salò, nella ricca casa di una famiglia borghese. Due figli, ormai adulti, affidano la madre vedova alle cure di una badante ucraina.
L'anziana signora, interpretata da un bravissima Ludovica Modugno, in un primo tempo rifiuta la presenza di un'estranea; fino a che tra le due, con un graduale avanzamento della storia, nasce un legame forte al punto da provocare, con un colpo di scena finale, il trasferimento dell'intero patrimonio alla badante.
L'autore utilizza il rovesciamento della prospettiva sia sul piano dell'intreccio narrativo che della caratterizzazione psicologica dei personaggi. Con questa tecnica, generando sorpresa nel pubblico, riesce a provocare un cambiamento di prospettiva anche per quanto riguarda i luoghi comuni sugli immigrati nella nostra società.
Infatti, le principali caratteristiche del personaggio dell'anziana sono l'invadenza, la volontà di comando sui figli e corrispondono allo stereotipo di “suocera” della nostra cultura; marcate anche da una malattia che le genera vuoti di memoria.
Lo stesso personaggio, a partire dal secondo tempo, rivela un lato affettuoso e umano, che conduce a un progressivo senso di pietas nel pubblico, fino a culminare nel rovesciamento completo della prospettiva nel terzo atto. Il secondo atto ha come protagonista il dialogo tra i figli e la nuora, dopo essere venuti a conoscenza della decisione della anziana morta, che rappresentano la prospettiva della nostra società occidentale, presuntuosa e ipocritamente convinta di essere nel giusto. L'ultimo atto racconta, in flashback, il lento svolgersi della vita quotidiana tra l'anziana e la giovane donna dell'Est Europa e si svolge nel medesimo soggiorno degli atti precedenti. Qui finalmente si sciolgono i nodi narrativi, avviene il rovesciamento della caratterizzazione della protagonista e si arriva alla verità, fino ad adesso non concessa allo spettatore. Diventata saggia donna di terza età e quasi una filosofa dell'esistenza, rievoca il suo passato e analizza lucidamente il presente. “Uno è perso quando davanti a sé non ha più nulla” ripete spesso. “Dici no a una cosa con tutte le forze, e poi, senza accorgertene, poco alla volta, questa cosa diventa si”.
I suoi figli “sono morti, non sono mai stati vivi”, impegnati a recitare anche loro una commedia degli inganni. “Uno è venuto al mondo come un guanto, adattando se stesso alla vita e non viceversa, l'altro è venuto al mondo come un cespuglio spinoso”... Riflessioni che mettono a nudo i problemi del nostro tempo, come la perdita della capacità di ascolto, la mancanza di tempo da dedicare agli altri, mali ai quali sopperiscono persone provenienti da altri paesi.
E' commovente il ritratto delle giornate, dei momenti trascorsi con la badante a rievocare il passato, a ricordare il dolore, a piangere e a ridere, per una piccola dimenticanza, segno della malattia.
Visto il
al
Savoia
di Campobasso
(CB)