Lirica
LA BOHèME

Mimì e Rodolfo in un bagno di colori

Mimì e Rodolfo in un bagno di colori

Maurizio Scaparro ed il regista, pittore e scultore Jean-Michel Folon crearono nel 2003 questa edizione de La Bohème proprio per il Festival Pucciniano, all'interno del progetto “Scolpire l'opera”, ed il tempo a volte fa miracoli: non passa, e lascia che alcuni piccoli incanti restino intatti.
È il primo pensiero davanti alle scene di apertura, su di un pavimento a forma di enorme tavolozza dai mille colori, e lo sfondo intero disegnato come un cavalletto, sul quale scorrono sia visioni d'arte coeve (soprattutto di Modigliani), sia i disegni creati dallo stesso Folon.

Quadri bohèmienne...
Ci si muove dunque in un disegno, con la giusta verve bohèmienne soprattutto negli insiemi, come davanti al camino che è una luce rossa a terra, colore fra i colori, e la Musetta di Marina Zyatkova, che al suo apparire risulta senz'altro l'interprete migliore, per spirito del personaggio oltre che per vocalità.
Nonostante qualche problema dichiarato di illuminazione, l'ottimo il gioco di luci pensato da Davide Ronchieri con forti dosi di contrasto contribuisce all'immaginario collettivo del clima giocoso parigino, non privo di qualche eccesso come all'inizio del terzo quadro, con i motivi floreali sul duetto Ci lasceremo alla stagion dei fior.

...e tinte sbiadite
Raffaele Abete, tristemente innamorato, costruisce il suo Rodolfo con eccessi di frettolosità e cala di tono quadro dopo quadro, mentre il timbro di Mimì (Olivera Mercurio, che appare subito un po' troppo greve e meno partecipe rispetto al circostante) non risulta abbastanza gradevole, cupo e per due quadri non in linea con il personaggio, quanto coerente invece con il suo aspetto.
L'orchestra, tecnicamente pronta e dal fraseggio scorrevole e pulito, è affidata a Dejan Savic (come la Tosca del giorno precedente), ed ancora una volta la direzione è troppo statica e non omogenea, risultando non al pari con il carattere deciso della scrittura pucciniana, se non in un guizzo di vitalità nel finale.
Raffaele Raffio si ritrova un anno dopo con una “promozione” da Schaunard a Marcello, e se la cava bene anche senza farsi ricordare per particolari colori, mentre il Colline di Gianluca Breda ha dipinto con appropriato coinvolgimento una “Zimarra” che è sempre un punto di passaggio emotivo assai forte. Belle e sicure prestazioni inoltre sia per il Benoit di Claudio Ottino e per l'Alcindoro di Armando Ariostini.

Visto il
al Regio di Parma (PR)