Lirica
LA CAMBIALE DI MATRIMONIO

Mucche e dintorni

Mucche e dintorni

Lunghi sonori muggiti accolgono in sala il pubblico del Regio di Parma; sul sipario campeggiano il muso di una bella frisona italiana e la scritta “Allevamenti Mill”, preludio a quello che sarà il leitmotiv di questa produzione firmata Andrea Cigni, che riporta la vicenda dell’opera rossiniana nell’ambito di un tipico allevamento della bassa parmense o reggiana degli anni venti del secolo scorso. Il vecchio Tobia non è altro che un allevatore emiliano, fiero dei premi conseguiti dalle sue vacche durante le esposizioni del bovino da latte (uno spaccato delle quali si può ammirare durante l’esecuzione della sinfonia iniziale) che risiede in una tipica cascina di mattoni a vista ricolma di forme di Parmigiano, dal cui portico fanno capolino ricche e promettenti distese di granoturco. Per contrasto gli interni, suggeriti dai rapidi cambi di ambientazione ottenuti grazie all’utilizzo di belle controscene pensate da Dario Gessati, appaiono arredati in modo classico, quasi sontuoso, un po’ secondo la moda anglosassone, con tanto di legno alle pareti, quadri e mobilio di qualità. Ad assistere il vecchio nel disbrigo degli affari un garrulo e affettatissimo Norton preoccupato fin dal primo istante per la sorte di Fanny che il padre intende cedere a Slook, prototipo dell’americano caciarone fiero della sua fortuna ma al contempo generoso, quasi fosse una delle sue vacche. Esilarante la scena del duello finale fra Mill e Slook, bloccato in tempo dall’intervento dei due innamorati, che vede i quattro protagonisti aggirarsi per la scena e inseguirsi l’un l’altro cavalcando, anziché prodi destrieri, ammiccanti mucche da latte su rotelle. A coronare il tutto, i costumi di Valeria Donata Bettella, giocati su colori pallidi, davvero raffinati nella loro semplicità. Arguta e divertente la regia di Andrea Cigni che mostra di possedere un vero senso del teatro nel costruire scene che possano suscitare il sorriso, senza mai cadere nel banale o nello scontato. Un esempio è il momento dell’apertura di sipario che vede Tobia Mill intento a determinare la posizione geografica del futuro marito della figlia su un mappamondo gonfiabile con cui ben presto inizierà a giocare ricordando, a tratti, la levità di alcune immagini de Il grande dittatore.

Tutti giovani i protagonisti, dato che lo spettacolo nasce da una collaborazione con la Scuola di Canto del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito”. Marco Granata, nei panni di Tobia Mill, possiede uno strumento dal bel timbro caldo, è dotato di una buona proiezione e ben interpreta la parte del vecchio bisbetico. Sempre sorridente e dall’aria leggiadramente infantile la Fanny di Nao Yokomae, naturale nell’emissione, solidissima in acuto. Voce pulita e brillante per Lorenzo Caltagirone nei panni di un fremente Edoardo Milford, innamorato perso della sua Fanny e pronto a combattere per averla. Leggeri problemi di pronuncia, ma grande mimica teatrale per lo Slook di Fumitoshi Miyamoto, che ha sostenuto comunque una buona prova vocale. Indimenticabile ed esilarante il Norton di Andrea Pellegrini che indossa i panni di una specie di servus currens di plautina memoria, cui si affianca una puntuale Federica Cacciatore nelle vesti di Clarina, la pettegola cameriera di Fanny. Se si eccettua qualche leggero problema negli ottoni durante la sinfonia iniziale, anche l’Orchestra del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma, diretta con la giusta levità dal maestro Francesco Cilluffo, ha dato buona prova di sé.

Teatro gremito, pubblico entusiasta e prodigo di applausi per tutti, in particolare sul finale.

Visto il
al Regio di Parma (PR)