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LA CASA DI BERNARDA ALBA

La casa di Bernarda Alba

La casa di Bernarda Alba

La casa di Bernarda Alba, icona di decoro e rispettabilità, cela, all’interno delle proprie mura, una terribile realtà colma di animosità, invidie, rancori, asti, passioni soffocate e pulsioni sessuali represse: una casa–prigione, dunque, in cui impera supremo il volere di una madre despota e insensibile, vigile e attenta salvaguardare l’onore e la rispettabilità delle proprie figlie – attraverso gli strumenti della repressione e del castigo – e affatto incline ad appagare la loro istintiva e naturale esigenza di vivere felicemente la propria esistenza.


Il soffocante lutto, - a seguito della morte del marito - che Bernarda Alba impone alle sue cinque figlie (Angustia, Magdalena, Amelia, Martirio, Adela) causerà loro dolore, sofferenza e amarezza decretando così la loro assoluta e totale infelicità. Alla subordinata obbedienza delle figlie fa da controcanto la natura ribelle di Adela - la più giovane e audace delle cinque e la sola a rivendicare coraggiosamente il diritto ad una propria identità - il cui gesto estremo del suicidio non turba l’inflessibile Bernarda Alba la quale, con asserito distacco, dichiara: “Staccatela! Mia figlia è morta vergine! Portatela nella sua camera e vestitela da fanciulla. Nessuno dica una parola! Essa è morta vergine.  …    E non voglio pianti. Bisogna guardare la morte in faccia. Silenzio! … Ci annegheremo tutte in un mare di lutto. La figlia minore di Bernarda Alba è morta vergine. Avete sentito? Silenzio, silenzio, ho detto. Silenzio!”.

 

In scena un’austera griglia divide orizzontalmente il palco, sacrificando il campo d’azione delle attrici al solo proscenio e creando, unitamente a un’illuminazione cupa e dai toni severi, un ambiente rigoroso e claustrofobico al contempo; riflesso di una condizione ancor più costringente e segregante della clausura.
Brave le attrici della “Piccola Compagnia della Magnolia” di Torino (Giorgia Cerruti, Luisa Accornero, Raffaella Tomellini, Noemi Scala, Claudia Martore, Valentina Tullio e Andrea Romeri) che, in ginocchio, si dimenano, si scontrano, sussultano, vacillano in un recitato di  soffocate inflessioni e toni strozzati. Fisicamente deformate da un trucco forte e spesso, compresse in neri costumi pesanti che ci rimandano in via diretta al teatro di  marionette.


Ottima la regia di Antonio Dìaz-Floriàn innovativa e ricca di profondi simbolismi. Essa, con disinvolta audacia, mantiene vivo l’intreccio senza sacrificarne l’intrinseca poeticità.
“È la deformità delle nane che abbiamo scelto per rivelare la bellezza dell’anima. Nello spazio chiuso in cui gli uomini le costringono,  le figlie di Bernarda aprono la breccia del sogno e dell’amore” Antonio Dìaz-Floriàn.

Visto il 09-12-2010
al Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli (NA)