Lirica
LA CENERENTOLA

Cenerentola da Oscar

Cenerentola da Oscar

Sempre più spesso i registi modificano l’ambientazione originale per rendere più attuali i classici del passato e dare al pubblico contemporaneo nuovi stimoli e chiavi di lettura. Il Regio di Torino non è nuovo a questo approccio e infatti, giusto per citare la storia recente dell’Ente torinese, dopo un Giulio Cesare al Museo Egizio, è la volta di Cenerentola a Cinecittà. La nuova produzione del capolavoro rossiniano affidata ad Alessandro Talevi, con scene e costumi di Madeleine Boyd, rivisita la fiaba di Cenerentola e la trasforma in un sogno cinematografico.

Il regista ambienta la favola a Cinecittà alla fine degli anni ’50, l’epoca d’oro del cinema e dell’esaltazione cinematografica di massa; Alidoro è un regista alla ricerca di un nuovo volto femminile da lanciare insieme al divo del momento, il Principe, perché nelle fiabe moderne sono gli attori di successo ad aver preso il posto di principi e principesse e molte stelle del cinema  erano prima  delle “Cenerentole”. Come non pensare alla Cenerentola / star della lirica Anna Netrebko che, così vuole la leggenda, fu scoperta da Valery Gergiev mentre lustrava i pavimenti del Mariinsky?! L’opera si apre con un casting durante il quale, per tutta la durata dell’ouverture, il regista / Alidoro fa provini a una varia umanità femminile che insegue il sogno della celebrità; la scena è fin troppo lunga ma c’è uno spunto interessante: il fotogramma colto per caso di Cenerentola che spinge il regista sulle sue tracce.

Anche Cenerentola, massaia dimessa che abita in una casa di periferia con le antenne sul tetto, cerca nell’illusione cinematografica una via di fuga alla cenere quotidiana e canta  la sua ballata come fosse la trama di un film con gli occhi umidi incollati alla televisione. La festa nel palazzo del Principe non è altro che una pausa pranzo fra le riprese negli studi di Cinecittà, affollata di personaggi dei kolossal del tempo (da Ben Hur a King Kong), in un riuscito intreccio fra scene e controscene, protagonisti, comparse e addetti, realtà e finzione, dove il tema del travestimento (espediente comico caro a Rossini e in particolare alla Cenerentola) viene portato all’ennesima potenza: Dandini è un servo che si traveste da Principe o meglio da attore che si traveste da romano con mantello da supereroe! Questa scena è riuscita perché, oltre a sfruttare (riattualizzando) gli spunti comici del libretto, rappresenta in modo ironico e immediato l’universo di cartapesta del cinema e dei suoi sogni illusori. Nel gran finale il rondò è il discorso pronunciato da Cenerentola  in occasione della proiezione del film (e dell’Oscar)  che ricorda commossa  come “nacque all’affanno e al pianto”. L’impostazione registica si può anche non condividere (si percepiva fra il pubblico della recita pomeridiana qualche perplessità) ma è condotta con coerenza e soprattutto supportata da un gioco scenico naturalissimo (tutti bravissimi cantanti-attori) dalla comicità irresistibile.

Paolo Bordogna (Dandini) e Carlo Lepore (Don Magnifico) creano sulla scena una coppia comica dall’alchimia difficilmente eguagliabile e lo fanno senza nulla togliere alle ragioni del belcanto (curatissimo in entrambi) e verve comica e stile musicale convivono in equilibrio. L’Alidoro di Roberto Tagliavini è la rivelazione della produzione per la nobilità del canto, la perfetta tenuta della linea, la gravitas che ha saputo infondere con voce e portamento al personaggio. Antonino Siragusa, per la voce di timbro chiaro e gli acuti agili e leggeri, è per natura un Don Ramiro ideale e anche in questa occasione si dimostra perfetto per controllo e tenuta. Divertentissime e complementari le due sorelle (qui più carine del solito come si conviene ad attricette di belle speranze), interpretate da Giuliana Gianfaldoni (Clorinda) e Loriana Castellano (Tisbe). Abbiamo lasciato per ultima, last but not least,  la protagonista, Chiara Amarù, Angelina dimessa e dolcissima di innata bontà, che incanta dalle prime battute per la naturalezza e verità del canto, una Cenerentola dalla voce giovane ma ben emessa e sempre a fuoco di cui si apprezza la coloratura fluida e la dizione nitida. E la cura dell’articolazione e della parola da parte di tutti gli interpreti è uno dei punti di forza di un cast tutto italiano che non a caso ha trionfato nel sestetto Questo è un nodo avviluppato per la perfetta sillabazione consonantica.

Qualche perplessità nella direzione della giovane e pur talentuosa Speranza Scappucci da cui avremmo voluto, considerato il cast, una lettura più vivace e varia nelle dinamiche.

Pubblico caloroso e teatro quasi esaurito, ma soprattutto tanti bambini (bravissimi!) in sala.

Visto il 20-03-2016
al Regio di Torino (TO)