L’allestimento della Cenerentola rossiniana proposto in questi giorni dal San Carlo di Napoli riprende una fortunata produzione del massimo napoletano risalente al 2003 e ospitata all’epoca sulle tavole del Teatro Politeama. Lo spettacolo non ha perso nulla della sua freschezza e porta anzi all’interno del contenitore maggiore un’inedita fantasia e una stimolante ingegnosità. I costumi di Zaira de Vincentiis calano la vicenda in una deliziosa cornice belle époque con eleganti uniformi per i cavalieri, eccessi caotici e pretenziosi negli abiti di Clorinda e Tisbe e, soprattutto, due strepitose mises di Angelina che fanno un po’ Luisa Casati Stampa (nel nero con copricapo a raggiera) e un po’ Maria José di Savoia (nel bianco nuziale).
Sorprendenti sono le scene di Pasquale Grossi, animate da incessanti metamorfosi che coinvolgono quinte, fondali ed elementi mobili; tra le molte buone idee, spicca l’invenzione riservata al temporale del secondo atto, reso con un suggestivo sconquasso che sospende le leggi della gravità per sancire l’avventuroso trionfo del destino sul caso. La regia dello scozzese Paul Curran, ripresa ora da Oscar Cecchi, scandisce il dipanarsi dell’azione con gusto e ironia: l’enfasi posta sui tratti farseschi non è mai eccessiva, e un garbo speciale accompagna l’evoluzione della protagonista dal patetismo dell’esordio alla piena affermazione della conclusione.
Perché Cenerentola è anche questo: la storia di una nobiltà conculcata che riesce a fiorire e a brillare grazie all’amore. Lo sa bene la bravissima Serena Malfi, perfettamente a proprio agio nei panni della protagonista e capace di restituire con grande sensibilità i diversi aspetti del complesso personaggio; il giovane mezzosoprano campano snocciola le colorature con sicurezza e precisione, sfodera all’occorrenza un volume di tutto rispetto e si fa apprezzare anche per l’emissione e il fraseggio. Altrettanto meritevole di plauso è Maxim Mironov nei panni di Don Ramiro: con la sua voce limpida, piena e perfettamente intonata, il tenore russo conferisce al principe raffinata eleganza e, allo stesso tempo, incisività e determinazione. Impeccabile nel suono e nel gesto risulta in particolare il duetto del primo atto nel quale i due giovani registrano il primo affiorare del sentimento che li legherà indissolubilmente. Nel Dandini di Simone Alberghini, le lievi incertezze nei passi d’agilità sono compensate ad usura dal brio smaliziato e dall’ottima presenza scenica. Prova notevole offre Luca Tittoto nell’impegnativo ruolo di Alidoro. Ottimo il Don Magnifico di Carlo Lepore, che unisce ai lazzi di contagiosa comicità una vocalità corposa e varia. Simpaticissima è Caterina Di Tonno (Clorinda), e brava risulta pure Candida Guida (Tisbe).
Sul podio, Gabriele Ferro vigila con costante attenzione sul funzionamento degli straordinari congegni rossiniani e guida l’orchestra sancarliana in una performance di buon livello, che si segnala per la precisione degli attacchi e degli assoli ma anche per la complessiva omogeneità. Puntuali e spigliati gli interventi del coro tutto virile, diretto da Marco Faelli. Nell’insieme, questa Cenerentola funziona, diverte e commuove. Il pubblico in sala apprezza e dispensa calorosi consensi a tutti gli artefici del riuscitissimo spettacolo.
Visto il
21-06-2015
al
San Carlo
di Napoli
(NA)