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LA CITTà DOLENTE-ANTONIO NOBILI LEGGE DANTE

Da molto tempo volevo assiste…

Da molto tempo volevo assiste…
Da molto tempo volevo assistere ad una lettura dantesca che non fosse quella ormai consueta di Roberto Benigni ed ero altresì curiosa di ascoltarla da una definita “le più belle voci d’Europa”, quella di Antonio Nobili. “La Città Dolente” è un’opera scritta, diretta ed interpretata dal poliedrico Nobili. Lo spettacolo è una sperimentazione teatrale, il tema centrale è la lettura di alcuni canti della Divina Commedia accompagnati da stralci recitati, canti e passi di danza. L’estro dell’artista ha posto come apertura alla rappresentazione figure abbigliate con tute da lavoro e maschere bianche, spettrali e meccaniche nei movimenti, a simboleggiare l’uomo che si lascia stancamente vivere, o più in profondità l’arte del teatro che non ha più quel significato di diffusione della cultura, oltre che di intrattenimento, assunto alle origini. In scena, contrapposto al bianco colore della morte (nelle culture orientali) compare il Dante vestito di nero, in maschera perché ancora non sa che la sua opera porterà dei grandi cambiamenti nel linguaggio ed intento con un gesto simbolico della mano a ridar vita a quegli esseri inanimati. Come Dante, Nobili si ferma sulla soglia della porta d’ingresso dell’Inferno ed inizia il suo viaggio. La scelta dei canti può apparire quasi ovvia, perché sono quelli più conosciuti, ma in virtù della sua voce e con il supporto dei suoi allievi, riesce ad evocare delle immagini suggestive che difficilmente verranno offuscate nella memoria. Ed ecco che, raccontate dalla voce dell’artista, la passione di Paolo e Francesca prende vita. Viene rappresentata dagli attori Niccolò Tiberi e Sarah Tarantino. Tra teneri abbracci e gesti d’amore, i due che trovarono calore, passione e morte l'uno nelle braccia dell'altra, abbattono le barriere del tempo dalla Divina Commedia ad oggi, in un tema quanto mai attuale quale quello del tradimento. Tre sono i momenti più intensi nella lettura dantesca. Il Conte Ugolino, interpretato fisicamente da un’emozionante Roberto Manfredi, mette in luce le infinite sfumature della voce di Antonio Nobili e della leggerezza con cui passa dal dramma profondo di un padre impotente di fronte alla sofferenza dei figli ai toni più acuti e disperati del figlio Gaddo. La solidarietà maschile, il senso più alto dell’amicizia, il “vorrei” individuale che si fonde nel desiderio comune viene incarnato da Niccolò Tiberi e Gabriele Mira Rossi nella poesia di Dante “Guido , io vorrei che tu Lapo ed io..”, per la quale il regista ha lasciato agli attori il compito di interpretare personalmente il rapporto amicale. Poetica è l’interpretazione del Canto dedicato a San Francesco, nel quale Antonio Nobili ha posto tutta la sacralità e rispetto per questo personaggio così tanto umano e peccatore quanto santo. Come in ogni rito devoto che si rispetti, alla lettura sono stati affiancati dei brani musicali, tra cui la Lauda di San Francesco composta dal cantautore Angelo Branduardi, cantata dallo stesso Nobili e dalla delicata voce di Sarah Tarantino. Volteggiava in scena, come simbolo di unione tra umano e spirituale, la bravissima Melania Sindoni. A conclusione dello spettacolo, dopo aver presentato i suoi allievi (cosa insolita in una rappresentazione teatrale), Antonio Nobili non si è risparmiato ed ha regalato al pubblico un’emozione ancor più forte delle precedenti. Passando dal dramma alla commedia dell’arte, ha recitato “A livella”, la famosa poesie tanto cara a Totò. La sua interpretazione che solo alla recitazione di Totò è seconda, ha posto il sigillo su una figura che tanto darà al teatro, per passione, per talento e per conoscenza. Non è facile apprezzare immediatamente la profondità e particolarità delle visioni di questo singolare artista, per due ragioni: perché come tutti i grandi, spesso si è capiti in tempi postumi e perché mette a nudo le paure e debolezze umane senza censure, ipocrisie o pregiudizi, seppur con infinita sensibilità e rispetto verso lo spettatore. Quello che è certo è che, avendolo di fronte su un palco, può cambiare radicalmente il concetto comune de”l’arte di essere attore” e di “essere umano”.
Visto il 07-10-2009