Ha inaugurato il 40° Festival della Valle d’Itria una rarità nel panorama delle opere liriche del XIX secolo: “La donna serpente”, opera-fiaba composta da Alfredo Casella negli anni 1928 – 1931 e rappresentata per la prima volta al Teatro dell’Opera di Roma nel 1932 per cadere ingiustamente nel dimenticatoio. Coerentemente con una delle più recenti direzioni programmatiche del Festival la scelta di un'opera moderna frutto di una delle menti musicali più ammirate del Novecento italiano: Casella per oltre trent'anni (dal 1915 al 1947) esercitò un influsso incisivo sulla vita musicale dell’Italia, sforzandosi di inserirla in un più vasto contesto a contatto con le esperienze artistiche che si andavano facendo in Europa nei primi decenni del secolo. Torinese, ma trapiantato a Parigi da piccolo, ebbe modo di conoscere e approfondire le varie correnti musicali dell'epoca e personalmente i più grandi compositori del momento come Debussy, Mahler e Ravel nonché Busoni, Malipiero e Pizzetti. Chiamato a Roma per ricoprire la carica di insegnante di pianoforte al Liceo Musicale di Santa Cecilia, ritenne che fosse ormai giunto il momento di agire concretamente per sprovincializzare l'ambiente musicale italiano, anche con la fondazione della Società Nazionale di Musica divenuta poi Società Italiana di Musica Moderna. Svolse comunque attività concertistica quale pianista e direttore d'orchestra, ma soprattutto si dedicò alla composizione raggiungendovi fama mondiale. Nella sua produzione si rivela un'evoluzione che, partita da premesse post-romantiche, entra poi nella temperie cosiddetta "oggettiva".
“La donna serpente” parte da un’idea di Casella di musicare l’omonima fiaba di Carlo Gozzi nel 1918, con l’intenzione di trarne un balletto con cori, ma non se ne fece nulla. Nel 1928 il musicista tornò a prendere in considerazione la favola per una vera e propria opera in musica, riconoscendovi le potenzialità di uno «stile grandioso, fantastico, fatto di eroismo barocco, di passioni drammatiche, di tragicità, di comico buffonesco e popolaresco, di vicende varie infine e tutte dinamiche», perciò un soggetto adatto a quelle tendenze altalenanti tra monumentalità baroccheggiante, serietà e comicità. Il talento di Casella si manifesta qui in una maestria compositiva in grado di distillare ricercatezze timbriche, arditezze armoniche e travolgente ritmo teatrale, trovando nell'immaginario teatrale di Gozzi il contraltare ideale al suo programma. Figure fantastiche e maschere imprestate dalla commedia dell’arte fanno da contorno alla tormentata vicenda d’amore di Miranda, figlia del re delle Fate, e Altidor, re di Teflis, tra ministri infedeli, prove da superare, guerre, terremoti e carestie, ma soprattutto la maledizione che la tramuterà in serpente. Ovviamente il lieto fine vede ricongiunti i due sposi con i loro figlioletti nella gioia collettiva.
Il godibilissimo spettacolo è stato realizzato dall'abile mano del regista Arturo Cirillo che ha saputo mettere in scena l'intricata vicenda con sagacia, ironia e dinamicità. Essenziale la scena di Dario Gessati che ricorda molto da vicino le opere di De Chirico, uno spazio quasi lunare con un emisfero che muove i suoi spicchi creando passaggi e ostacoli adatto nel rendere gli ambienti fantastici e magici del libretto. A dar man forte a questi enormi scivoli sono i bei costumi colorati ed esoticheggianti di Gianluca Falaschi, che amalgamandosi perfettamente e coerentemente con il resto riportano ad una realtà magica tra Star Wars e Shakespeare. Non solo, le luci di Giuseppe Calabrò colmano la essenzialità della scena rendendo il tutto una festa e una fantasia di colori in una dimensione onirica. L'inserimento, poi dei ballerini della compagnia Fattoria Vittadini non ha fatto altro che contribuire a rendere interessante e vivace l'opera.
Protagonista della serata il maestro Fabio Luisi, che ha regalato delle splendide pagine di autentico lirismo nonché sfumature musicali che solo un direttore dalla lunga e prestigiosa carriera artistica può dare. Il giusto equilibrio tra drammaticità e fiaba è stato messo in risalto dal maestro con cura e con personale interpretazione delle pagine di Casella.
Zuzana Markova, nei riusciti panni di Miranda, convince appieno anche dove il timbro vocale sembra non essere al pieno del suo splendore, dando prova di essere un buon soprano di coloritura con adeguata tecnica. Angelo Villari, tenore nella parte di Altidòr, a cui spetta il ruolo più intenso e più lungo, è riuscito con disinvoltura a districarsi nella complicata vicenda del suo amore per la regina delle Fate: la sua è una voce importante, scura e con acuti potenti; generoso e spigliato nella sua performance vocale ha però difettato nell'intonazione. Domenico Colaianni, vincitore quest'anno del premio Bacco dei Borboni nell'ambito del Festival, ha interpretato il ruolo di Albrigòr con la verve e la simpatia che lo contraddistinguono nonché le buone capacità canore espresse al meglio. Se la cavano bene anche gli altri personaggi buffi: Simone Edwards in Alditrùf, Pavol Kuban in Pantùl e Timothy Oliver in Tartagil, riusciti a dare con garbo e perizia scenica voce a personaggi credibili e ironici. Tra i molti comprimari ricordiamo anche Vanessa Goikoetxea e Candida Guida, nei rispettivi ruoli di Armilla e Canzade. I ballerini della Fattoria Vittadini, sui movimenti scenici e coreografie di Riccardo Olivier, sono stati essenziali per la buona riuscita visiva dello spettacolo. Convincente il Coro della Filarmonica di Stato Transilvania di Cluj-Napoca (Romania), preparato dal maestro Cornel Groza.