Prosa
LA FINZIONE DELLA VITA

L'eterna lotta tra realtà e finzione nella società

L'eterna lotta tra realtà e finzione nella società

Realtà e finzione, due volti di una stessa medaglia. Lo spettacolo ideato da Giovanni Antonucci e diretto e interpretato da Francesco Branchetti, andato in scena al teatro Oscar di Milano, offre svariati punti sui quali riflettere. “La finzione della vita” trascina lo spettatore in un vortice di domande, in un’inevitabile presa di coscienza sul proprio modo di vivere e di interpretare la società. Una quotidianità difficile, in cui carriera e lavoro, amore e matrimonio, successo e ricchezza, dipendono sempre più dall’immagine e dall’influenza forte e maledettamente inevitabile della televisione.
I quattro protagonisti della commedia si incontrano e si scontrano affrontando tre diversi temi/problemi: il rapporto complicato e snervante tra vita privata e vita professionale, la solitudine in cui si precipita dopo aver commesso errori fatali e dopo aver rinunciato ai propri sogni, l’impotenza dell’uomo di fronte al potere dei meccanismi sociali e lavorativi.
Su di un palco riempito solo di pochi oggetti essenziali, un tavolo con due sedie, una poltrona e un letto disfatto, lo spettacolo fatica a decollare fin dalle prime battute a causa dei dialoghi dal ritmo poco incalzante. La noia è sempre dietro l’angolo, scena dopo scena, nonostante l’ottima performance degli attori e l’importanza dei temi trattati, particolarmente attuali e sentiti. Luigi (Branchetti) è un famoso produttore televisivo, frustrato dal peso di una professione che ama e odia allo stesso tempo, un lavoro che lo porta ad indossare ogni giorno i panni scomodi della finzione, tra fiction e quiz truccati, ma che consente a lui e alla sua famiglia di vivere in un mondo agiato e di ricchezza materiale. Il suo rapporto con la moglie Giulia è un altro esempio di come le menzogne raccontate anche all’interno delle mura domestiche siano ormai considerate pura normalità nella società in cui viviamo, necessarie a salvare la faccia e la reputazione, a volte anche la routine, ma che ci catapultano nel buio della solitudine e del disprezzo per noi stessi e il prossimo. La relazione extraconiugale con la bellissima Laura, giovane attrice teatrale che aspira a diventare famosa per sbancare il lunario, condurrà Luigi sempre più nell’oblio di una crisi d’identità e nella più totale frustrazione psicologica. Inutile il suo tentativo di rimettere in carreggiare la propria vita, troppo tardi per recuperare gli anni perduti e i rapporti mai istaurati con moglie, figli e amici veri. “Cambiare tutto per non cambiare niente” pare essere il motto di questa pièce teatrale che ha saputo, dal 1996 ad oggi, conquistare comunque importanti premi e riconoscimenti.
Buona l’idea su cui poggia l’intero spettacolo, così come lo sviluppo delle tematiche che rispecchiano perfettamente il male che ha colpito la nostra società, basata sull’immagine e sul successo ottenuto con ogni mezzo possibile. Peccato per i dialoghi, lenti e talvolta dispersivi,che rischiano di distrarre la platea nelle quasi due ore di scena.

Visto il 13-03-2014
al deSidera Teatro Oscar di Milano (MI)