Danza
LA MASSA

Capovolgimento del timore di essere toccati

Capovolgimento  del timore di essere toccati
“La massa ama l’eguaglianza, esiste nella concentrazione e può avere sempre e solo la stessa direzione. Solo nella massa l’uomo può essere liberato dal timore di essere toccato. E’ l’unica situazione in cui tale timore si capovolge nel suo opposto.” Questa la tesi su cui si basano Michele Abbondanza e Antonella Bertoni con la messa in scena di “La massa”, prima parte del progetto biennale “La densità dell’umano”. Sulla scena del Teatro Cavallerizza un agglomerato di forme umane che si plasma in modo fluido ed ironico a creare una successione di gruppi scultorei. Questa massa si scompone nei suoi elementi per poi ricomporsi come un singolare nastro che si arrotola, si srotola, si aggroviglia, come se tutto accadesse all’interno di un unico corpo. E’ uno spettacolo in cui la prima sensazione è non solo visiva ma tattile, in cui i corpi, sempre estremi nella loro fisicità, assumono forme metamorfiche che proiettano la sensazione netta di matericità e materialità, trasmesse anche agli oggetti, come il tavolo attorno al quale si addensa il magma di corpi così formato. C’è un surplus di energia, una sfida gioiosa alle regole della meccanica, una dimostrazione di esistenza in eccesso. I gesti di questi undici danzatori cercano una loro necessità, raramente divengono solo estetici, fini a se stessi, non ci sono prefigurazioni né forme prestabilite, anche la musica è una componente testuale, non viene dopo, accade insieme. Ogni “quadro” è una forma di incompiutezza in cui le tecniche sono solo un supporto, necessarie ma mai mostrate, modalità creative con cui giungono a plasmare le forme creando l’azione mimica. I corpi sono veicoli, sono mezzi non finalità, non puntano ad estetismi né a virtuosismi, ma a dire qualcosa, a sottolineare la potenziale forza del gruppo. C’è in tale modo di procedere una ricerca di danza narrativa, come se il gesto, la sequenza di movimenti, fosse di per sé un racconto, il compimento di un percorso, una trama, un frammento di discorso. I corpi non si vogliono inscrivere nelle forme già codificate del danzatore ma vanno verso altri lidi, quelli istrionici, recitativi, in un intreccio di linguaggi che unificano percorsi diversi. E’ evidente l’accurata ricerca drammaturgica di quest’opera, che è quasi teatro danza. Il “gioco” che ne risulta è di una serietà assoluta, non lascia scampo, esige una totale adesione, un modo di perdersi, la ricerca di una qualità espressiva “deformata” nel gesto e nei tempi dello spettacolo. Con questo lavoro Abbondanza/Bertoni fanno pensare a un ritorno alle suggestioni di von Kleist e Craig sulla “trasparenza” dell’attore-marionetta, con deformazioni per partiture di movimento che richiedono una qualità che tende alla creazione di una danza che plasma i ballerini come creta. E’ un contenitore teatrale nel quale si susseguono, imprevedibili per lo spettatore, contraffazioni, smorfie per rendere più plastico quasi un baloccamento. In sintesi, è un gioiello di ironia.
Visto il 24-10-2009
al Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (RE)