Pochi tratti sono sufficienti a rappresentare una tragedia, a restituire un emozione senza bisogno di parole solo con immagini e azioni. Sono i momenti, pochi purtroppo, in cui “La menzogna” di Pippo Delbono, riesce ad essere libera dalla necessità di dire e semplicemente è verità immediata, potente e coinvolgente.
Il resto, è un viaggio di libere associazioni che dal dolore del morire di fabbrica e dalla menzogna della Thyssen Kruppal arriva al dolore delle menzogne politiche, sociali, personali. Le tappe di questo peregrinare non possono tralasciare i temi della nostra attualità come il rapporto tra il sesso e il potere politico, la mercificazione del corpo, il razzismo, il voyeurismo e l'apparire: ed un viaggio che disturba che non lascia spazio al coinvolgimento perché anch'esso è una menzogna, una forzatura ad arte. Un esibizione di se: una contraddizione in termini.
Pochi tratti sono sufficienti per dare l'emozione della tragedia: solo, un uomo giace in proscenio, la luce di una torcia elettrica da terra stenta ad illuminare la sua spaventevole magrezza, a fianco un elmetto da lavoro, così nel silenzio del teatro “in questa scena di pazzi”.