Prosa
LA RESISTIBILE ASCESA DI ARTURO UI

LA GUERRA DEI CAVOLI

LA GUERRA DEI CAVOLI

Bertolt Brecht compose Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui nel 1941 in pieno regime di terrore nazista durante il suo esilio a Helsinki mentre attendeva di poter partire per gli Stati Uniti, anche se poi il dramma fu messo in scena per la prima volta soltanto nel 1958, dopo la morte del suo autore.

L’ironia brechtiana è tagliente e pervade ogni battuta, l’allegoria evidente, il parallelismo fra la banda di gangster capeggiata da Arturo Ui, che nella Chicago degli anni Trenta vuole controllare il racket dei cavolfiori eliminando impietosamente qualunque avversario, e la veloce ascesa del nazismo nella Germania hitleriana palese. Ci sono tutti, dal dittatore che si incarna in Arturo Ui, a Ernst Röhm identificabile con Ernesto Roma, a Joseph Goebbels che diventa Giuseppe Givola. Il grottesco e la metafora la fanno da padroni all’interno di quello stile didascalico e straniante tipico del teatro epico che consente letture a molteplici livelli. Un prologo iniziale introduce all’azione e presenta i personaggi principali, una serie di scritte luminose con le didascalie di quanto succede sul palcoscenico sottolinea il passaggio da una scena all’altra, canto e recitazione si alternano e talvolta si intrecciano in un tutt’uno.

Nello spettacolo, di cui Claudio Longhi ha curato la regia e che vede Luca Micheletti impegnato come dramaturg, pochi ma essenziali sono gli arredi che occupano lo spazio scenico: si va dagli onnipresenti cavoli, a simboleggiare i soldi che nelle società capitaliste alimentano spesso il potere, alle cataste di casse bianche che li contenevano e che, composte e ricomposte in vari modi o colpite da luce cangiante, a tratti ricordano lo skyline di una città americana. Coraggiosa in ogni caso la scelta di riproporre un testo non facilmente accessibile al grande pubblico mantenendo da un lato la fedeltà al testo originario, ma inscenando dall’altro uno spettacolo estremamente movimentato e vivace che acquisisce via via un innegabile equilibrio al proprio interno.

Davvero straordinario Umberto Orsini nei panni Arturo Ui, la sua presenza riempie la scena tanto da risultare quasi magnetica mentre interpreta magistralmente un personaggio complesso che si trasforma da gangster di periferia a dittatore folle di masse. Magistrali anche il viscido Giuseppe Givola di Luca Micheletti, claudicante e flessibile nel corpo come nell’animo, e l’appassionato Ernesto Roma di Lino Guanciale, entrambi veri e propri catalizzatori di attenzione. Molto brava anche Diana Manea che interpreta tutti i ruoli femminili.

Uno spettacolo impegnato ed impegnativo, ma di indubbio interesse, perfetto per celebrare la giornata della memoria, che alla fine è riuscito davvero ad appassionare il pubblico presente in sala.

Visto il 22-01-2013
al Ponchielli di Cremona (CR)