Lirica
LA SALUSTIA

Jesi, teatro Pergolesi, “La S…

Jesi, teatro Pergolesi, “La S…
Jesi, teatro Pergolesi, “La Salustia” di Giovan Battista Pergolesi ALLE RADICI DEL GENIO L'VIII edizione del Festival Pergolesi Spontini è dedicata al fiorire del genio, ai primi passi della fantasia creatrice. “Opera prima” è il tema e il titolo, per indagare le radici di carriere, magari brevi, però geniali. Apertura affidata a “La Salustia”, prima opera seria di Pergolesi, e chiusura affidata a “Li puntigli delle donne”, prima opera buffa di Spontini. La Salustia fu composta nel 1731 per il teatro San Bartolomeo a Napoli su libretto di cui non si conosce l'autore, basato sull'Alessandro Severo di Apostolo Zeno (il dramma parla degli intrighi nella famiglia dell'imperatore romano Alessandro Severo). A complicare la prima assoluta di Salustia intervenne la morte del primo cantante, il castrato Nicolino, la cui scomparsa ebbe la conseguenza di ulteriori ridistribuzioni (e riscritture) dei ruoli, poiché all'epoca si scriveva pensando a una voce specifica con data estensione e caratteristiche. Dunque la prima fu sulle modifiche anziché sull'originale e così la ascoltò Pergolesi. Si sono conservati due manoscritti dell'opera, uno al Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli con le modifiche per la prima rappresentazione, l'altro all'Abbazia di Montecassino più antico, seppure incompleto. La versione andata in scena a Jesi è quella che Pergolesi pensò e compose e che mai fu rappresentata (revisione critica di Dale Monson). La partitura è poco interessante, priva di pagine di particolare appiglio; i recitativi sono lunghi e noiosi, le arie si susseguono, alternate ai recitativi, con poche attrattive e molte similarità. Il regista Jean-Paul Scarpitta ambienta la scena in epoca romana, anche se la storia sembra più affine agli intrighi di corte dell'epoca barocca. La scenografia è molto semplice, basata su due fondali dipinti e su pochi elementi scenici. I costumi sono lineari e vagamente classicheggianti, anche se Giulia, madre di Alessandro e suocera di Salustia, indossa un copricapo luccicante di sapore orientale che la fa somigliare a Turandot. A volte si sconfina nel kitsch, come nel banchetto. Per il resto la regia è latitante, gesti contenuti e rari, interpretazione lasciata ai cantanti che poco fanno. Si cerca il “colpo di teatro” all'inizio del terzo atto con una scena ambientata nelle terme romane in cui uomini e donne nudi si lavano da una cascata di vera acqua, ma invero sono velati da calzamaglie color carne. Ogni tanto scene velatamente omosessuali (Claudio amoreggia spesso con un paggio, vistosamente tatuato sulle braccia: mai visti romani tatuati così modernamente..), ma non se ne comprende la necessità nella drammaturgia dell'opera. Dal punto di vista vocale ha convinto Maria Ercolano nel ruolo del titolo, Salustia è donna innamorata e correttissima nei sentimenti e nei comportamenti. Meno convincenti gli altri. Fisicamente poco credibile l'Alessandro di Josè Maria Lo Monaco, totalmente succube della madre Giulia ma troppo minuto al fianco di una giunonica Salustia. Giulia (Raffaella Milanesi) è altera e sprezzante ma dallo sguardo fisso, Claudio (Cyril Auvity) è indeciso sul preferire uomini o donne e si aggira a piedi nudi, Albina (Valentina Varriale) indossa l'elmo di Atena e Marziano (Marina De Liso) è generale che non incute nessun timore. Antonio Florio ha diretto la Cappella della Pietà dei Turchini, tra i maggiori complessi italiani di musica barocca, nel primo atto con attenzione alla partitura e cura nell'esecuzione, poi, forse a causa del caldo insopportabile, quella cura è venuta meno e il suono è apparso slabbrato, discontinuo, con incertezze in alcune sezioni, soprattutto i corni. Spettacolo eccessivamente lungo, nonostante i tagli operati nel secondo e terzo atto; gli spettatori, già pochi all'inizio, si sono via via assottigliati, anche per il caldo irresistibile. Visto a Jesi (AN), teatro Pergolesi, il 05 settembre 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
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