Lirica
LA TRAVIATA

BENTORNATO, SPECCHIO

BENTORNATO, SPECCHIO

Il segno della nuova direzione artistica di Francesco Micheli è evidente al primo impatto già nel nome (Macerata Opera Festival) e nella grafica della comunicazione, affidata alle immagini e alle scritte a pastello di Francesca Ballarini. Oltre che e soprattutto, come è ovvio, al programma: non tanto nei titoli allo Sferisterio (qui piuttosto la novità è puntare su due giovani registi di teatro che poco hanno frequentato la lirica) quanto in quello che gira intorno allo Sferisterio. Ci riferiamo in particolare al festival “Off”: MOF Macerata Opera Festival diventa Macerata Off Festival. Off nel senso di “fuori” dallo Sferisterio e “oltre” lo Sferisterio, geograficamente e sostanzialmente. Il festival invade la città di Macerata e il territorio, spingendosi fino a San Severino con un appuntamento di Opera Pop. Non per caso: lo Sferisterio è stato progettato da Ireneo Aleandri come stadio per la palla al bracciale nei primi anni Venti dell'Ottocento, stesso periodo in cui l'architetto progettava il teatro Feronia di San Severino, dichiarato monumento nazionale.
Le opere allo Sferisterio vanno in scena nei fine settimana, il martedì è “young” con gli appuntamenti di Opera Pop: dopo il debutto a San Severino (come data di chiusura della stagione estiva “i Teatri di Sanseverino – aperti per ferie”), tre serate a palazzo Conventati con tre percorsi dalla lirica al contemporaneo: “da Verdi a Mina”, “da Puccini a Morricone” e “da Bizet a Brel”, partendo dai titoli in cartellone all'arena. Il mercoledì è “mania” al teatro Lauro Rossi, gioiello del Bibbiena: il concerto curato da Marco Mencoboni “Nuvole barocche”, l'omaggio a Stefano Scondanibbio, recentemente scomparso, curato dalla Rassegna di Nuova Musica e il recital di Andrea Concetti. Il giovedì è “extra”: allo Sferisterio “Trittico Novecento”, balletto con Roberto Bolle, e “Serata di Stelle per Mario del Monaco”; nel centro città “Notte dell'opera”, una notte bianca per le vie con spettacoli e performance seguendo il filo colorato dei titoli in cartellone. A tutto questo si aggiungono gli aperitivi culturali a mezzogiorno, i reading con musica dal vivo del pomeriggio e due mostre.

Il festival 2012 si intitola “Allievi e Maestri” ed è dedicato a Josef Svoboda: non poteva essere che così a dieci anni dalla sua scomparsa e a vent'anni dal debutto della Traviata che vinse subito l'Abbiati e che apre la stagione. Per questo anche la copertina del programma di sala diventa di specchio, visto che lo specchio caratterizza la scenografia al punto da far conoscere l'allestimento come “la Traviata degli specchi”. Le scene di Svoboda sono teli dipinti appoggiati sulle tavole del palcoscenico, che si riflettono sul grande specchio (12 x 24 metri) che si alza durante l'ouverture mantenendosi inclinato in modo da rimandare, con effetto fondale, quello che i cantanti hanno sotto i piedi. Teli che via via vengono sfilati mostrando un sipario rosso, donne cortigiane, lampadari di cristallo, una casa di campagna immersa nel verde, il celeberrimo prato con le margherite di “Pura siccome un angelo”, cartoline di viaggio, lampadari di cristallo e il nudo e vuoto palco nel terz'atto. Sul finale lo specchio si alza a novanta gradi, si illuminano le luci del teatro e gli spettatori vedono se stessi riflessi, nel momento in cui non si può essere altro che se stessi.
Finita la musica, appaiono sul grande muro dello Sferisterio due immagini gemelle si Svoboda: si fatica a trattenere le lacrime per l'intensità della commozione.

Deludenti i costumi di Giancarlo Colis, dichiarati ispirati ai quadri di Giovanni Boldini, che presentano donne discinte in veli trasparenti, profondi spacchi nelle gonne che mostrano provocanti reggicalze: Violetta, Flora e le altre vivono nella raffinatezza e in un costume di vita più vicino alle cortigiane del Rinascimento che alle prostitute di strada recenti come qui si vorrebbe. Violetta non può presentarsi alla festa di Flora con la gonna di velo che mostra chiaramente gambe e reggicalze, per lo meno in un allestimento e con una regia “tradizionali” come in questo caso.
Henning Brockhaus torna alla sua regia, ne mantiene il gusto didascalico e filologico che rende lo spettacolo comprensibile e in grado di raccontare immediatamente la storia. Il regista si è anche occupato delle luci, insieme a Fabrizio Gobbi, mentre le coreografie poco incisive sono di Emma Scialfa. Insomma bentornato, specchio: anche per la sua funzione acustica nel grande spazio dello Sferisterio.

Myrtò Papatanasiu è una Violetta poco morbida, che rivela asprezze soprattutto in acuto e disomogeneità nei passaggi di registro; il soprano ha convinto maggiormente nei momenti di ripiego intimo e drammatico piuttosto che nei passaggi belcantistici, quindi il terzo atto è andato meglio del primo; scenicamente incisivo il momento, nell'incipit dell'assolo del primo atto, in cui Violetta si toglie la parrucca; banale l'Addio del passato con la bambola in mano. Dell'Alfredo di Ivan Magrì si è apprezzata la freschezza giovanile; i toni un poco lamentosi della voce hanno conferito un particolare dolore al personaggio, ammantato così di ulteriore sofferenza amorosa; “O mio rimorso! O infamia” si chiude con l'acuto che risulta sbiancato. Su tutti è spiccato il Germont di Luca Salsi, bellissima voce verdiana di ampio respiro con impasti bruniti e fraseggio curatissimo che hanno conferito grande autorevolezza al personaggio. Tra i ruoli di contorno si è segnalata la Flora di Gabriella Sborgi per vocalità, doti attoriali e i passaggi di danza con il matador e il Marchese D'Obigny di Andrea Pistolesi. Giovane e intraprendente, quasi mozartiana Susanna, l'Annina di Angela Bella Ricci, che nel secondo atto vende i mobili di casa. Con loro Stefano Ferrari (Gastone), Cristiano Palli (Barone Douphol), Alessandro Tirotta (Dottor Grenvil). A completare la locandina Alessandro Pucci, Gianni Paci, Roberto Gattei e il coro lirico marchigiano diretto da David Crescenzi.

Daniele Belardinelli guida l'orchestra filarmonica marchigiana con tempi lenti e pochi colori, non riuscendo a dare alla partitura il giusto piglio nei momenti brillanti e la dovuta intensità in quelli lirici e drammatici: non emergono i colori verdiani e spesso non si ha l'appiombo tra buca e palco.

Teatro esaurito, il forte vento ha influito sulla resa musicale e teatrale di uno spettacolo che mantiene, a distanza di vent'anni, un forte effetto emotivo sullo spettatore. Nel finale pareva di specchiarsi in un lago increspato dal vento: una suggestione ulteriore per chi conosce l'effetto originale. Molti applausi sia a scena aperta che nel finale.

Visto il
al Arena Sferisterio di Macerata (MC)