Lirica
LA TRAVIATA

L'impossibile altrove di Violetta bambina

L'impossibile altrove di Violetta bambina

Il Teatro Valli  di Reggio Emilia ha scelto come opera inaugurale di stagione La traviata  proposta in un nuovo allestimento coprodotto coi teatri di Modena e del circuito lombardo firmato dalla regista cinematografica Alice Rohrwacher al suo debutto con l’opera lirica. E non a caso al cinema, ma anche alla propria “mitologia personale”, s’ispira la Rohrwacher che  trasforma parte del palcoscenico in un set dove Violetta, diventata attrice affermata, ma di cui trapela l’anima infantile, è intenta a sfogliare margherite in una cameretta kitsch piena di fiori per le riprese di un film. Finito il ciak, le luci si accendono e sul set irrompono tecnici e truccatori per festeggiare Violetta e introdurre la festa spostando così la vicenda dalla finzione cinematografica delle riprese alla “realtà” dell’opera.
All'inizio del secondo atto la scena ideata da Federica Parolini si libera completamente del set e si vede un esterno, una campagna suggerita da una distesa ondulata illuminata di verde  (luci di  Roberto Tarasco) dove si apre una voragine (il nido d’amore di Alfredo e Violetta), da cui è stata divelta una zolla che appare sospesa al soffitto con le radici che pendono nel vuoto.  Immagine simbolica di un idillio mancato ma anche “nube minacciosa” che prelude al drammatico duetto fra Germont e Violetta durante il quale la scena si oscura e il prato inaridisce. Senza soluzione di continuità (l’intervallo è infatti solo fra il primo e il secondo atto, scelta peraltro opinabile dal punto di vista drammaturgico), la zolla cala a chiudere la scena diventando piattaforma per il salotto di Flora e successivo letto di morte per Violetta.
Al set cinematografico non si fa più allusione ma  il cinema rimane presente in quanto affidato ai video Super 8 di Violetta bambina intenta a raccogliere fiori e sfogliare le margherite in un prato. I video insistono con primi piani cinematografici sulle mani della bambina e alla fine una bambina vera entrerà in scena per stringersi a Violetta sul letto di morte, materializzazione dei sogni impossibili di un tempo.

Violetta infatti, come ha dichiarato Alice Rohrwacher citando a sua volta il lavoro di Lella Costa sul personaggio, “è una bellissima bambina”  alle prese con una storia difficile che la travolge e più che la mantenuta (diversamente da quanto affermato dallo stesso Verdi che sottolineava il carattere di prostituta del personaggio) vediamo in lei la bambina che è stata. L'idea della regia è quella di sottolineare una progressiva ascesi dell'eroina che, dal primo al terzo atto, vuole negare il suo passato di prostituta, spogliandosi via  via del pesante costume da cortigiana (il  bellissimo costume prezioso e dorato disegnato appositamente da  miu miu  che simboleggia una gabbia o una corazza) per indossare un candido abito virginale. Più che vittima della società che la circonda, la regista sottolinea la volontà di Violetta di restare fedele ai primi sogni d'amore, quando bambina felice sfogliava le margherite in un prato, e che allude a un “impossibile altrove”, forse la chiave registica della produzione, come suggerito dal titolo dato alla conferenza di presentazione dello spettacolo. Ma che senso ha avuto ricorrere a un set cinematografico? Trovata peraltro già vista e qui inutile tributo all'attività della regista e alla sua rappresentazione del mondo innocente dei bambini con evidenti autocitazioni da Corpo celeste  e Le meraviglie.

La regia non convince in quanto tradisce lo spirito dell’opera, anche se certi spunti sono interessanti e si apprezza il talento scenico dei giovani interpreti a partire dalla protagonista Claudia Pavone che riesce a infondere al personaggio sia i tratti della diva che della bambina; la cantante è molto giovane  e non a caso si avvertono asperità nelle colorature del primo atto, ma l’interprete è già matura e ha dimostrato nel corso dell’opera ottime capacità di accento e un buon uso della dinamica per la definizione del personaggio. Se pur indisposto, il giovanissimo tenore peruviano Ivan Ayon Rivas è riuscito a trasmettere con una voce tenorile squillante e generosa tutto l’impeto di Alfredo con un’esecuzione in crescendo che ha conquistato i favori del pubblico: una voce giovane ma che lascia ben sperare per musicalità e squillo. Il Germont di Marcello Rosiello convince nel lungo duetto con Violetta per un uso appropriato  dal punto di vista drammatico dei sottovoce, ma rivela dei limiti nella zona di  passaggio e le cabalette risultano poco incisive.  Disinvolta la Flora di Daniela Innamorati, vestita da miu miu in oro come doppio di Violetta. Adeguati, anche se non troppo caratterizzati i comprimari: Alessandra Contaldo è Annina, Shi Zong è Grenvil, Giuseppe Di Stefano è Gastone, Davide Fersini è Douphol e Matteo Mollica è D’Obigny.

Francesco Lanzillotta dirige con impeto la partitura ben accentuandone gli snodi drammatici, ma sottacendo le parti più intimistiche. Molto bene il coro preparato da Martino Faggiani per stile e precisione vocale ma anche per aver restituito in modo credibile  il complesso movimento scenico voluto dalla regia.

Un teatro esaurito tra cui tantissimi giovani ha tributato pieno consenso a spettacolo e interpreti con punte d’entusiasmo rivolte alla coppia protagonista.

Visto il 06-11-2016
al Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (RE)