“La vita che ti diedi”, dramma pirandelliano in tre atti tra i meno frequentati dai registi, è stato scelto da Marco Bernardi per una messa in scena nel segno del rispetto testuale e della tradizione. La piéce scritta nel 1923 per Eleonora Duse e mai andata in scena con la sua protagonista (l'attrice morì nell'aprile del 1924 prima di poterla interpretare) è imperniata intorno al dramma di una madre costretta a sopportare la prova più dolorosa della sua esistenza: la morte del figlio. Donna Anna Luna (Patrizia Milani) gestisce il dolore come può, rifiutando la realtà e ricamando la vita sua e della sua famiglia intorno ad un cadavere che per una mente deformata dalla sofferenza è un vivo e vegeto, provvisoriamente lontano da casa. Rifiuta persino di credere che il suo ragazzo possa essere quell'uomo rivisto dopo anni in occasione di una visita, tempo prima, quando vivo allora lo era per davvero. Ora, al cospetto del corpo di Fulvio, donn'Anna sfida la morte alienandosi in una realtà altra, entrando in conflitto con la vita esterna, incaponendosi in una finzione che appare sacrilega a chi, come Donna Fiorina (Gianna Coletti) e Don Giorgio (Carlo Simoni), si fa portavoce della morale comune. Per una madre che vive fuori dagli schemi codificati la condanna all'emarginazione e alla solitudine diventa allora il destino naturale ed inevitabile.
La scenografia ideata da Gisbert Jaekel è bella ed azzeccata entro il perimetro di un minimalismo assoluto che asseconda a colpi di sottrazione l'unico sentimento che conta: il dolore. Quel dolore ancora caldo sotto la cenere di una vita quotidiana che finge di trascinarsi nella normalità a dispetto del dramma consumatosi. Sentimento puro, sofferenza che modella tutto, persino gli oggetti inanimati. Ed ecco allora che questa bella casa di campagna dalle pareti bianchissime, il rigoroso ingresso intarsiato nella parete di fondo come in un quadro fiammingo, i fiori freschi, la tenda svolazzante inondata dai raggi di una simbolica, ogni cosa si rende specchio, riflesso di quella luce che non illumina più gli occhi di una madre.
Sulla scena a condividere il palco con Milani e Coletti, anche Irene Villa (l'amante del figlio) e ancora Giovanna Rossi, Carlo Simoni, Karoline Comarella, Paolo Grossi, Sandra Mangini e Riccardo Zini impegnati in una recitazione corale a tratti ancora di maniera soprattutto laddove il testo meriterebbe un'asciuttezza e una lucidità maggiori. Complice la probabile difficoltà di tener alta la concentrazione davanti ad un pubblico intento a scartare caramelle, tra ininterrotti colpi di tosse e ben due lunghe ed imbarazzanti suonerie di cellulare.