Prima assoluta alla Galleria Toledo di Napoli per La voragine di Enrico Bernard, un testo che rivisita con levità contemporanea alcuni temi della drammaturgia beckettiana. La scena è immediatamente dominata da un cumulo di macerie entro cui un operaio svolge il suo diligente lavoro di scavo; mentre a lato un “Capo”, seduto su una sdraio, dirige le operazioni. La struttura della scena richiama apertamente Finale di partita, con analoga costruzione fondata su un rapporto autoritario nel quale il personaggio dominante impartisce ordini senza significato, dentro un microsistema che ha smarrito a sua volta ogni riferimento di senso. I due personaggi sono metaforicamente intrappolati nella voragine di un’esistenza incongrua; o più esattamente dentro un lavoro incongruo, giacché nella contemporaneità è il ruolo lavorativo che conferisce identità. Anche quando saranno definitivamente inghiottiti nell’abisso del nonsenso, i due continueranno a scavare verso un fondo ulteriore, con grottesca ostinazione.
Rispetto al modello beckettiano il registro è dunque più schiettamente comico-satirico, ciò che a tratti smarrisce lo spessore della scrittura per l’esigenza di situazioni “di alleggerimento”. Il testo presenta una buona architettura, il cui sviluppo è tuttavia a tratti appesantito da ridondanze: testuali, come nel dialogo (Capo): «Voglio uscire da questa voragine con le mie stesse mani: prendi la pala e scava!» (Operaio): «Capo, ma non aveva detto “con le mie stesse mani”?» in cui la risposta “spiega” la battuta, già di per sé trasparente; ma ridondanze anche strutturali, giacché alcune ripetizioni appaiono non necessarie − la scena del panino rubato dal Capo è didascalica la prima volta, a maggior ragione la seconda. Elemento debole della tessitura è il puntamento incerto verso un finale che dovrebbe serrare le fila della narrazione, e che invece si disperde nell’accumulazione di un explicit multiplo non troppo significante, con digressioni di cui il testo potrebbe utilmente fare a meno (gli elettrodomestici rinvenuti sul fondo della voragine come reperti di una civiltà passata). Anche la ripresa “da capo”, coi ruoli dei protagonisti invertiti, non suggerisce con adeguata perentorietà un punto d’arrivo (si allude all’assegnazione casuale dei ruoli nella società? alla rivolta del proletariato?).
Nondimeno la scrittura piuttosto brillante e densa – anche se un po’ meccanica nel disegnare il rapporto gerarchico, con l’operaio che si rivolge al Capo con il “lei” e ne riceve un “tu” – sostiene una situazione scenica serrata ed interessante, senza particolari vuoti se non nella parte finale, che − come detto − giunge allo spettatore con qualche affanno. Molto convincente la resa degli attori, Paolo Ricci nella parte energica e un po’ sopra le righe del Capo – ricorda a tratti il Gianni Agus megadirettore di Fantozzi – che modula in un tono più intenso e dimesso nel momento del cedimento disperato; e Riccardo Leonelli nel ruolo dell’operaio piagnone e scaltro, che non desidera altro impegno di un ordine da eseguire, più lucido e cinico del suo superiore ma mai animato da senso di rivalsa: un Cipputi addomesticato dalle dinamiche del lavoro, pronto a soddisfare il pensiero di chi comanda senza tuttavia farsene partecipe.
La regia di Francesco Branchetti sovrimpone alla situazione del testo un carattere di necessità dei fatti, quasi di liturgia − in modo aperto con le note d’organo iniziali, in modo continuo con tagli di luce a tratti obliqui e misteriosi − ed esalta la polarità tra i due personaggi – forse a tratti calcando un po’ troppo sul registro della caricatura – col Capo che dissimula il proprio horror vacui nella meschina ritualità del comando, e l’operaio mai discontinuo nell’obbedire. L’uno, con un abbigliamento caotico ed asessuato, è un clown gravato dalle sovrastrutture della contemporaneità (di cui l’abbronzatura e il giornale sportivo sono allegoria); l’altro, disegnato in una fisicità “proletaria” ed immediata, subisce il ruolo del proprio superiore ma non il carisma; un contrasto efficace che porta in primo piano l’insensatezza globale del meccanismo cui entrambi realmente rispondono.
Visto il
03-12-2009
al
Galleria Toledo
di Napoli
(NA)