Un tema di fondo: l’acqua. Che però si perde, riaffiora, si smembra, tintinna ed echeggia. Senza continuità e senza regolarità. Movimento.
“L’acqua trema”, ultima creazione della compagnia Corte Sconta, è un continuo fluttuare, scattare, slittare. Sul palco, insieme ai due attori-dazatori, un fornello e una cassa, oltre ad un enorme schermo di fondo che trasforma la scena. Un palco spoglio, teatro di storie incrociate ma separate; storie di rapporti non conclusi, non chiari, eppure teneri e passionali. Tensione e violenza. Suoni che alternano momenti di interazione ed eco con i movimenti dei ballerini ad esplosioni rock o dance. Situazioni che alternano sparatorie e sensuali passi di salsa. Un gioco che viaggia lungo il limite tra follia e dolcezza.
La coreografia di Laura Balis Calvetti e Antonio Calvetti è costruita su interruzioni e riprese, è martellante e potente. Antonio Fesce - nella parte dell’uomo forte che non deve chiedere mai - ed il bravissimo ed espressivo Daniele Longo - piccolo scugnizzo saltellante e sballottato da aria, acqua e situazione - sono i due interpreti di questa danza scatenata e senza un senso apparente. Salti, contrazioni, scatti e durezza.
A Napoli si dice che l’acqua trema quando, nel fare la pasta, l’acqua bolle in pentola e bisogna alzare il fuoco prima di buttare il sale. Il momento di rottura, di cambio, di svolta. Il momento dal potenziale all’effettivo. Questa danza infuriata, forse anche a tratti furibonda, trascina lo spettatore in un posto che non conosce e non capisce, nel quale si sente perso. Ma ecco che un gesto, un piccolo movimento, riporta a qualcosa di familiare, di vicino, a cui ci si può attaccare disperatamente per restare vigili e concentrati. Uno spettacolo fatto di immagini forti: sberle date – da lontano – con un fiore che si distrugge per il solo movimento; un inseguimento cieco, pistole alla mano; ripetizioni esasperanti di salti sempre uguali, che portano solo a pensare allo sfinimento fisico che possono causare.
La forza di “L’acqua trema” risiede sicuramente più in ciò che si vede che in ciò che viene raccontato e anche se a volte questo viene considerato un difetto in teatro, qui non è permesso pensarlo fino in fondo, perché qualcosa, ogni tanto, si intuisce.
Visto il
25-09-2009
al
Out Off
di Milano
(MI)