Prosa
L'AMANTE

Un anno fa Pinter ha pubblica…

Un anno fa Pinter ha pubblica…
Un anno fa Pinter ha pubblicamente abbandonato l’attività di drammaturgo per dedicarsi alla politica e ai diritti umani. Lo strameritato Nobel è stato il microfono per far sentire la sua voce, amplificando quindi i pensieri che l’avevano accompagnato fin dagli anni ’70. Addio al teatro, addio alle armi. Non sfornerà più, l’ormai vecchio drammaturgo inglese, quelle “bombe” di spettacoli che hanno scosso, tramortito e sconvolto più di una generazione. Perché le opere di Pinter erano (e sono) delle vere e proprie armi, capaci di sventrare i costumi, le tradizioni, le regole. Negli anni, ha caricato a pallettoni il suo fucile e ora l’ha lasciato in mano ai registi di tutto il mondo con l’implicita didascalia: “Vedete che farne”. Del diasporante Pinter resta quindi una produzione vastissima, ancora ampiamente rappresentata in tutto il mondo. Pallottola vagante, ecco “L’Amante”, uno spettacolo breve e incisivo (65 minuti), come la maggior parte dei suoi plays. E come una pallottola parte, colpisce ed esce. A volte resta dentro e di certo, prima o poi, si fa sentire. Magari non subito, ma lo spettatore, se non se ne accorge la sera stessa, la pallottola se la tiene dentro e se la porta a casa. Prima o poi ne sentirà la presenza. Brevità ma completezza, brevità e oppressione, teatro e realtà, realtà e quotidiano, tutte allegorie del teatrare pinteriano, legatissimo alla realtà, al nostro essere quoditiano. E se è vero che il mondo è un palcoscenico, è vero anche il contrario: il palcoscenico rappresenta il mondo. Tre sono i personaggi di questo spettacolo e Pinter, maliziosamente e astutamente, ci fa credere che siano il marito, la moglie e l’amante. Ma l’amante che arriva tre pomeriggi a settimana altri non è che il marito recitante il ruolo. Gioca a far l’amante per lei, la moglie. E lei, la moglie, recita il ruolo della sua prostituta. Grazie a questo perverso e mentale gioco di ruolo, i due combattono la monotonia domestica dopo due lustri di matrimonio. Sarah e Richard sono consapevoli del marciume della loro relazione: vogliono una svolta, vogliono rivitizzarlo e provano con la fantasia. Lei gli racconta dei suoi pomeriggi con l’amante; lui se ne disinteressa, suscitando la stizza di lei. Testano e auto-testano i propri sentimenti e le loro reazioni, finchè lei insinua che anche lui abbia un’amante, magari una sgualdrina. Il gioco si fa più complesso e si trovano spiazzati, fuori controllo. L’immaginaria prostituta-amante di Richard offende Sarah e Richard inizia a ribellarsi ai pomeriggi adulterini della moglie fino ad allora tollerati. La tensione cresce e si cementa anche a causa della loro incapacità di uscire da questo mondo di fantasia che hanno creato. Il tipico linguaggio pinteriano, dal significato spesso subtestuale, lascia il giudizio al pubblico il quale attribuisce significati e interpretazioni. Il sesso è un elemento di secondo piano a favore degli spunti psicologici e dell’umorismo, quest’ultimo peraltro chiave del teatro di Pinter. Un umorismo che nasce anche dal dialogo sempre conciso e scattante e da un’attenzione per le sfumature, per i piccoli gesti e anche per i silenzi. Splendido e non scindibile il binomio scenografie-luci, rispettivamente di Gianmaurizio Fercioni e di Marcello Mazzetti. Domina il bianco, ossimorica purezza che non esiste. La meravigliosa prerogativa de “L’Amante” (ma anche di molte altre opere di Pinter) è la versatilità. Suscettibile di un’interpretazione sia drammatica che comica, può essere messo in scena sia come snervante dramma, sia come commedia ironica. Facilmente rovinabile nelle mani sbagliate, ha trovato in Andrée Ruth Shammah una regista eccezionale, attenta, provocatoria, divertente e divertita. La regista maneggia “l’arma” di Pinter con eleganza e leggerezza; ci vizia e ci delizia con questa storia intensa e sexy, che impegna i sensi e mette alla prova la mente. Messo in scena dalla stessa Shammah già nel 1997 con Anna Galiena e Luca De Filippo come protagonisti, questa pièce trova ora in Margherita Di Rauso e Umberto Bellissimo due attori competenti, sicuri e soprattutto maturi, sia artisticamente che umanamente. Affidare gli stessi ruoli ad attori venticinquenni probabilmente avrebbe fatto scoppiare “l’arma” pinteriana. Questa è la versione di pallottola che resta dentro. Da provare.
Visto il
al Franco Parenti - Sala Blu di Milano (MI)