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LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR

Queste Comari, allegre ma non troppo…

Queste Comari, allegre ma non troppo…

Dopo due anni di successo con lo spettacolo “Il piacere dell’onestà”, Leo Gullotta e Fabio Grossi si trovano nuovamente a lavorare insieme per portare in scena “Le allegre comari di Windsor” di William Shakespeare e a partire dal 30 Novembre 2010 tornano sul palco del Teatro Eliseo di Roma, senza ottenere, però, una risposta altrettanto calorosa da parte del pubblico.

Se il regista sceglie, infatti, di ridurre l’originale divisione in 5 atti proponendone invece una più classica in 2 atti, nella traduzione e nell’adattamento del testo Fabio Grossi e Simonetta Traversetti si mantengono assai fedeli al linguaggio Shakespeariano; si ricorre quindi ad una comicità basata spesso sull’accento: quello gallese del parroco Sir Hugh Evans, personaggio probabilmente creato per Robert Armin (clown della compagnia di Shakespeare che aveva realmente un forte accento) e che fa anche largo uso di termini latini o pseudo latini e quello francese del Dottor Cajus. O ancora, i giochi di parole e doppi sensi sono causati dall’ignoranza come nel caso di Madama Quickly. Un “trucco” che dovrebbe portare alla risata ma risulta piuttosto sorpassato e appesantisce molto la comprensione immediata delle battute, rischiando di annoiare.

Vediamo Leo Gullotta nei panni di un simpatico e vizioso Sir John Falstaff, il quale essendo a corto di denaro tenta di conquistare due ricche donne borghesi di Windsor, entrambe sposate: la Signora Ford e la Signora Page. Invia loro due lettere d’amore mentre Nym e Pistola, i compagnoni di Falstaff da lui allontanati perché non vogliono assecondare i suoi piani, decidono di mettergli i bastoni tra le ruote e avvertono i mariti. Se il Signor Ford geloso ed impaurito all’idea di essere tradito dalla consorte, si industria per scoprire la verità, la signora Page deve occuparsi anche della figlia Annetta, che intende maritare e queste vicende parallele costituiscono l’intreccio secondario dell’intera opera. Entrambe le Comari, consultandosi scoprono le intenzioni di Falstaff e progettano di ingannarlo a loro volta, ripetutamente.

Secondo la tradizione “Le allegre comari di Windsor” sarebbe stata scritta per volere della regina Elisabetta, desiderosa di rivedere sulla scena il personaggio di Sir Falstaff dell’Enrico IV, tanto da ordinarne la composizione entro quattordici giorni. Ecco allora che nella fantasiosa scenografia realizzata dalla compagnia campeggia un’immensa riproduzione della Regina, una sorta di statua mobile che ospiterà tra le sue gambe le varie ambientazioni della commedia. E sotto l’occhio vigile della Corte da essa rappresentato, si muovono numerosissimi personaggi a riprodurre le molte sfaccettature dell’umanità, in particolare della società provinciale inglese dell’epoca (un esempio sono le allusioni all’Ordine della Giarrettiera) ma per molti versi anche della società attuale, in cui risulteranno vincitrici le donne. In questa molteplicità di protagonisti, la caratterizzazione di alcuni è sicuramente più efficace e riuscita: in particolare Monna Ford e Monna Page ci regalano i momenti di maggior divertimento ed il primo episodio in cui si beffano di Sir John Falstaff ne è un esempio.

 

Visto il 30-11-2010
al Eliseo di Roma (RM)