Lo diciamo subito: LE DONNE DI BRECHT, DI VIVIANI... E LE ALTRE è uno spettacolo colto, elegante, magistralmente interpretato ed eseguito con una scelta coerente del repertorio e una serie di citazioni letterarie organica che sostiene e conferma il percorso testuale delle canzoni. Un esercizio di intelligenza e di qualità musicale, teatrale e umana.
Era tanto che non vedevamo uno spettacolo così riuscito e completo.
Il merito è delle tre donne che lo hanno concepito e portato in scena.
Cinzia Gangarella, una musicista seria e non improvvisata (basta sentire il tocco delle sue mani al pianoforte, o la prontezza con la quale accompagna il secondo bis di Miranda Martino non previsto e dunque non provato prima) che oltre al piano suona la chitarra e canta, firma gli arrangiamenti del recital nei quali affronta, con rispetto e intelligenza musicale, non solo le partiture di Weil (che costituiscono il piatto forte della serata) senza che la riscrittura per pianoforte e violoncelllo dia adito a semplificazioni banalizzanti come spesso accade, ma anche le canzoni partenopee svilite da arrangiamenti oleografici che sono restituite da Gangarella alla loro originale intelligenza musicale.
Giovanna Famulari oltre a (di)mostrare la forza contemporanea di uno strumento eccezionale come il violoncello suonandolo secondo una ampia gamma di colore e di tecnica usando anche il pizzicato, interpreta alcuni brani come cantante offrendosi come umile ma validissima controprate alla verve interpretativa di Miranda Martino.
Lei, Miranda Martino, abita il palco con una eleganza dalla quale non c'è che da imparare, e canta con una sensibilità musicale che una volta incontrata, una volta ascoltata, ti cambia la vita per smepre.
Sia che affronti il repertorio della sua Napoli, senza la minima sbavatura e con una misura invidiabile, e quello altrettanto amato della tradizione romana (Le mantellate) sia che esegua i brani di Brecht-Weill, Martino ha la capacità, oggi unica in tutto il panorama italiano e non solo, di non sacrificare mai la melodia per l'interpretazione, riuscendo a dare anima a entrambe con una spontaneità invidiabile che si basa sull'esperienza, certamente, ma soprattutto su una intelligenza musicale che è una sua dote innata, coltivata con alacre generosità.
Nell'interpretare i famosi versi di Surabaya Johnny "e non fumarmi in faccia porco" che restituisce all'ascolto con una intensità e una verità uniche Martino ha una tale autorevolezza da cancellare ogni precedente tradizione interpretativa.
Ecco tra le tante doti che potremmo elencare di Miranda Martino, eleganza del fraseggio, precisione del canto, chiarezza nella dizione, quello che ci ha sedotto sorprendendoci piacevolmente è la sua cifra stilistica, quella statura artistica che le fa interpretare i brani con una originalità che si attesta come una tradizione a sè, risultando originale anche quando canta il brano così come è stato scritto e pensato.
Miranda Martino riesce a rinnovare la partitura originale (la sua interpretazione di Jehnny dei cannoni è incommensurabile) cancellando ogni tradizione altra e attestandosi con la sola forza della sua intelligenza musicale come unica tradizione possibile. L'amore per la musica e l'umiltà dell'artista rendono possibile questo risultato che si rinnova per ogni canzone importante proposta nel recital.
Passione, amore, umiltà ma anche grande divertimento e voglia di divertire, così Martino si relaziona ironicamente con la pianista quando canta Lili Kangy e le chiede perchè non c'è spazio per 'a mossa in uno schietto confronto tra artiste, tra donne, che rinfranca l'anima.
Nel repertorio proposto non manca la sperimentazione da una versione che toglie quella patina di banalità a uno dei tanti brani famosi di Lucio Battisti, Non è Francesca la cui interpretazione di Martino e l'arrangiamento classicheggiante di Gangarella danno nuova vita, alla splendida versione a cappella per canto armonizzato a tre voci di Michelle dei Beatles a una inedita Ave Maria dove Martino si muove tra le note dello spartito con una duttilità che sfiora il funambolismo senza diventare mai però dimostrazione di bravura.
Nella scaletta dei brani scelti si intesse un discorso chiaro e diretto basato sui testi tra i quali compare anche anche il colto Lascia ch'io pianga di Hendel, la poesia dei testi di Fabrizio De Andrè (Tre madri) sostenuto in un continuo confronto con fli inserti letterari, letti e recitati in scena secondo una prospettiva femminile che attraversa percorsi molteplici dalla shoà alla violenza, dall'autoemancipazione al dolore, fisico e morale, inflitto alle donne, a vario titolo, dall'uomo.
Il pubblico scalpita, applaude a scena aperta, grida brava ripetutamente durante tutto il recital.
Dopo il secondo bis, Miranda Martino ci spiega che questo concerto è un regalo che si è voluta fare per i suoi 80 anni d'età e il pubblico impazzisce, se possibile, ancora di più, guardandosi intorno, complici le luci in sala che si sono intanto accese, consapevole in un momento irripetibile di avere partecipato a uno spettacolo dove tutto è davvero perfetto.
E tanto peggio per chi non c'era.