Lirica
LES CONTES D'HOFFMANN

HOFFMANN A TEATRO

HOFFMANN A TEATRO

Non può certo attribuirsi al caso il succedersi in cartellone di due regie di Robert Carsen così intimamente legate: la produzione di “Les contes d'Hoffmann” (Opéra national de Paris: debutto nel 2000 ma più volte ripresa) è ambientata in un teatro dove si sta rappresentando “Don Giovanni” e segue le repliche proprio del “Don Giovanni” che ha inaugurato la stagione scaligera, sempre ambientato in un teatro. Scelta assai raffinata e di grande intelligenza.
Nell'opera le tre donne amate da Hoffmann (Olympia, Antonia e Juliette) sono le proiezioni di Stella, una cantante presente nel prologo e nell'epilogo. In questo caso Stella è impegnata nella messa in scena di Don Giovanni nel ruolo di Donna Anna e ciò è il fil rouge che lega gli atti, utilizzando le reiterate citazioni dell'opera mozartiana all'interno del libretto e della partitura di Offenbach.

Hoffmann è sdraiato per terra fuori dal sipario con le luci accese ancora prima che l'opera cominci, stordito dall'aver troppo bevuto. Durante il prologo si vede l'allestimento del Don Giovanni con la sua scena tradizionale sivigliana completa di statua del commendatore; tutto scivola lateralmente, lasciando il palco vuoto per il prologo ambientato nel foyer di un teatro. Efficace il colpo d'occhio: la platea dà le spalle al bancone e in questo modo gli avventori e i protagonisti sono di fronte al pubblico.
L'atto di Olympia è ambientato nel retropalco, quello di Antonia nel golfo mistico (da cui si vede in contemporanea il palcoscenico) e quello di Juliette in palcoscenico con vista sulle poltrone di platea. I costumi, di Michael Levine come le scene, sono contemporanei per i Racconti e settecenteschi per i frammenti di Don Giovanni. Fondamentali le luci di Jean Kalman, che sanno creare perfettamente l'effetto del teatro nel teatro e dare un magico buio ai momenti in cui il palcoscenico è vuoto, come il finale.
Nel primo atto gli invitati alla festa sono le comparse del Don Giovanni in abiti sivigliani; Olympia è una bambola senza pudore che possiede su un carro di fieno il poeta e poi resta nuda nella sua plastica innocenza. Nel secondo atto Antonia e Crespel, trasandati e febbricitanti, si muovono tra sedie e leggii; nel finale d'atto i musicisti entrano in buca e sono diretti dal perfido Miracle. Nel terzo atto le poltrone della platea ondeggiano al ritmo della barcarole; qui i coristi si abbandonano a un'orgia di gruppo, mentre in palco prosegue l'azione.

La partitura ha, come poche altre, posto spinosissimi problemi. Alla Scala si è scelta sostanzialmente la versione Choudens del 1907 integrata con inserti dell'edizione di Fritz Oeser: i dialoghi sono sostituiti dai recitativi cantati, l'atto di Antonia precede quello di Giulietta e sono presenti le arie “J'ai des yeux” di Coppélius e “Scintille, diamant” di Dappertutto (apocrifa).
Marko Letonja dirige in modo sicuro la partitura, imprimendo i giusti tempi; si potevano sottolineare con maggiore leggerezza alcuni passaggi che rimandano al mondo dell'operetta, alternandoli agli altri intrisi di malinconia o comunque più drammatici. Il suono è sempre sotto controllo e si espande con giusto sonoro. Buona la presenza e la prestazione del coro, preparato da Bruno Casoni.

Nel ruolo del titolo Arturo Chacòn-Cruz è cresciuto, ma la prestazione resta povera di colori, benchè supportata da sicurezza attoriale e disinvoltura scenica. Olympia è Vassiliki Karayanni, vocalmente poco luminosa nelle colorature celeberrime e fisicamente perfetta sempre, anche quando resta nuda rivelando di essere una bambola di plastica. Ellie Dehn è Antonia con giusta forza drammatica e intensa partecipazione emotiva (il soprano è anche impegnato nella distaccata Stella). Veronica Simeoni è una Giulietta dalla voce potente e dall'aspetto morbido e sensuale. Daniela Sindram conferisce un aspetto da sogno alla Musa, poi si toglie la parrucca e resta Nicklausse, la cui voce scura e sicura rende appieno il ruolo di supporto al protagonista.
Laurent Naouri ha sostituito l'indisposto Ildar Abdrazakov nei quattro ruoli cattivi, incarnando un male insospettabile e per questo pericolosissimo; il baritono unisce eleganza fisica e attoriale a una voce non scurissima ma dalle sensuali nuances brunite. Divertente ed adeguato vocalmente Carlo Bosi nei quattro ruoli servili. Come detto sopra, molto bravo William Shimell (Luther, Crespel). Buone le prestazioni di contorno: Rodolphe Briand (Spalanzani), Nicolas Testé (Schlémil, Hermann), Cyrille Dubois (Nathanael), Hermine May (una voce, madre di Antonia: fantasma spettrale in abito fatiscente).

Teatro gremito con pubblico rimasto in sala fino alla fine applausi generosi.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)