LET THERE BE LOVE

Lascia che sia l'amore (a salvarti)

Lascia che sia l'amore (a salvarti)

Let There Be Love è un intreccio di storie e di sentimenti apparentemente diversi tra loro ma che trovano, in realtà, un punto di equilibrio e di snodo sul finale, nel momento più tragico ed intenso della pièce. Da Grenada (Caraibi) Alfred (Rufin Doh) emigra negli anni Sessanta per raggiungere Londra. Abbandonato ben presto dalla moglie, cresce da solo le due figlie, con le quali si scontra già durante l’età adolescenziale fino a troncare quasi del tutto i rapporti.

Alfred non ha un bel carattere: è duro, offensivo, diffidente. La malattia che lo colpisce non fa altro che peggiorare il suo stato d’animo e intensificare il disprezzo per le figlie, fonte di delusione costante, e per tutto ciò che non appartiene al suo mondo. Sì, perché il vecchio caraibico, sempre più stanco della vita e delle persone, cerca costantemente la solitudine. Si chiude in casa, circondato dai suoi vecchi mobili, dal tappeto impolverato di ricordi, in compagnia dell’unico amore della sua vita: Lily, grammofono con il quale ascolta i dischi di Nat King Cole e che gli consente di evadere la realtà e di ricordare i bei tempi che furono.

I giorni scorrono lenti e il dolore fisico e psicologico di Alfred aumenta inesorabilmente, fino a quando Maria (Elena Novoselova), bussa alla sua porta. La giovane badante polacca si rivela, ben presto, la “medicina” giusta per Alfred, aprendo finalmente il suo cuore verso la famiglia e il mondo esterno.

La prova offerta dai tre attori (Luz Beatriz Lattanti è Gemma, figlia minore di Alfred) è entusiasmante e molto convincente. Giusta la scelta della regista (Ana Shametaj) di volere professionisti che sono emigranti a loro volta e che quindi hanno provato, sulla propria pelle, esperienze e difficoltà simili ai protagonisti di Let There Be Love.

Lo spettatore non può fare a meno di sorridere, arrabbiarsi, commuoversi di fronte alle lotte intestine e all’esplosione di emozioni che lo spettacolo offre. Non c’è un attimo di tregua: i personaggi dialogano, si scontrano e vivono gioie e tormenti sempre dentro le quattro mura della vecchia casa londinese, ma questo aspetto non limita lo scorrere fluido del racconto, anzi, consente ancor più di evadere tempi e spazi.

La scelta delle musiche è ottima: dalla voce intensa e rassicurante di Nat King Cole si passa a quella graffiante o più frizzante dei Sex Pistols e di Madonna, quasi a voler rappresentare, anche in chiave musicale, il rapporto tra Alfred e Maria, il confronto tra generazioni diverse di immigrati, accomunati dallo stesso malessere sociale e personale, dal medesimo orgoglio e dalla voglia sfrenata di affermare e difendere la propria identità.


 

Visto il 19-12-2013
al della Cooperativa di Milano (MI)