La vita e il suo parallelo, l'uomo e l'avatar. Si parla spesso di videodipendenza, ma non è mai chiaro quanto questa possa essere avvolgente e sostitutiva della realtà, al punto da indurre all'apatia e all'azzeramento di ogni attività e di ogni stimolo vitale.
Matteo (Daniele Ronco) si sfinisce, in una simulazione di esistenza, in giochi virtuali di ruolo, con amici mai realmente conosciuti, con i quali è perennemente connesso, omettendo persino di mangiare e dormire. Il suo alter ego Dorvack, divoratore di anime, vive al suo posto in un mondo fantastico con l'unico scopo di distruggere, con altri avatar di videodipendenti come lui, il drago nero, in una finzione dove tutto è più interessante e semplice della realtà. Nel gioco i cattivi lo sono evidentemente e le avventure sono continue e appassionanti, tanto da scordare per cosa vale la pena vivere e impegnarsi. La svolta nella sua vita è portata da Miriam (Maria Costanza Frola), una vicina di casa apparentemente poco avvezza al mondo del web, che rivelerà lati nascosti e un carisma che riporterà Matteo alla ragione e ad un salvifico rapporto d'amore.
Sulla scena la ricostruzione di una stanza caotica, sporca, disordinata e zeppa di involucri di pizza ordinata via internet. Un'abitazione specchio del disinteresse per la semplice decenza, indotto da un'estraneazione totale e patologica. Esilaranti alcuni congegni costruiti al fine di evitare al protagonista di allontanarsi dalla postazione davanti al pc, di fronte al quale vengono svolte persino le più elementari funzioni fisiologiche.
Divertente il taglio di regia di Jacopo Trebbi, che immerge nel gioco lo spettatore, trascinandolo nel mondo fantastico di Dorvack e della regina degli elfi rossi, laddove si passa inevitabilmente al level up, compito ben più complicato nella sfaccettata realtà.
Daniele Ronco e Maria Costanza Frola sono credibili e leggeri nel recitare un disagio e nel delineare un sentimento nascente che combatte la solitudine e l'alienazione mentale. Con Level up dimostrano di saper divertire e, al contempo, di affrontare in modo non banale una dipendenza giovanile sempre più diffusa e deviante. Uno spettacolo brillante e ben strutturato che, senza nulla voler insegnare, avvicina ad un mondo altrimenti difficilmente comprensibile.