La vita di Eleonora Burci Campani, (immaginario) ministro del Lavoro della Repubblica Italiana, sembra essere contrassegnata da una serie di superlativi assoluti: è una donna ricchissima, coltissima, sposatissima. Un’idea di abbondanza sconosciuta a Benni, infermiere e fotografo che, causa un infelice decreto del suddetto ministro, vede sfumare il suo sogno di andare in pensione e scappare in Brasile con la giovane amante, abbandonando moglie e suocera. Non un ‘esodato’, ma proprio ‘sfigato’, come la stessa Eleonora con il suo staff al Ministero lo definisce assieme agli altri 179, vittime come lui di un provvedimento che oltre al danno (ingentissimo: per riscattare tutto, servono poco più di 200.000 euro) riserva loro anche la beffa. E allora ecco che, a mali estremi, estremi rimedi: architettare un (maldestro) sequestro sembra la via più facile per farsi giustizia. Ma Benni non compie l’estremo gesto solo per sé. Lo fa per il suo paese. Per dare una lezione e vendicare quelli che sono quotidianamente presi in giro, in modo più o meno palese, da una classe dirigente che fa solo i propri comodi.
I presupposti per una tragedia ci sono tutti. Tuttavia, quello che avviene nel garage-bunker, isolato e dimenticato dal resto del mondo, ha dell’incredibile. E, forse per questo, appare tutto terribilmente divertente, anche quando certe situazioni, a pensarci bene, dovrebbero solo suscitare indignazione. Non manca anche quella in realtà, ma le risate prevalgono su ogni altra sensazione durante le due ore di spettacolo. I battibecchi fra Benni ed Eleonora si muovono su un sentiero ben disegnato, un copione in cui ogni battuta è accuratamente pensata, prima di essere pronunciata dai due attori, studiata in modo tale da scatenare l’ilarità su circostanze paradossali, anche se - purtroppo - oggi drammaticamente reali. Una scrittura fluida ed esilarante, irrimediabilmente divertente e arguta, a cui è difficile resistere.
Non c’è un momento morto in tutto la rappresentazione, i due interpreti riempiono ogni scena anche con i loro brevi silenzi, bastano talvolta le loro espressioni a descrivere quello che sta accadendo, a far intuire quello che stanno pensando. La Vasini, in particolare, regge con maestria il gioco delle parti, nei panni di una snob borghese con velleità artistiche che, a suo modo, cercherà riscatto nel ruolo di governo che ricopre. Dal canto suo, Cornacchione si riconferma un valido cabarettista, sarcastico e forse un po' caustico, azzeccato protagonista dell’irriverente denuncia di un mondo dalle derive folli, in cui gli individui annaspano nelle proprie debolezze e fragilità e spesso non sono adeguatamente rappresentati da coloro che, invece, sono preposti a farlo.