Il nuovo spettacolo " L'importante è non cadere dal palco " di e con Paolo Rossi in scena al Teatro Solvay di Rosignano Solvay ( LI) è l'occasione per segnalare la riapertura di un antico teatro ancora oggi di proprietà di una grande società chimica internazionale la Solvay S.A. L'azienda aveva messo in vendita il teatro fino dal 2009 ma non trovando acquirenti il comune di Rosignano è riuscito a perfezionare un accordo con la società Solvay per prendere in comodato d’uso gratuito la struttura diretta per quasi 50 anni, dal 1937 agli inizi degli anni '80, dal mitico Dino Lessi, un uomo che è stato la memoria storica del teatro e del melodramma italiano ( aveva conosciuto personalmente anche Giacomo Puccini).Una bella costruzione collocata nel centro della “città giardino”, edificata dalla società Solvay agli inizi degli anni ’20 per i propri dipendenti. Inaugurato nel maggio 1928, il teatro era formato da una grande sala con stanze di servizio, una platea e una galleria con, rispettivamente, 500 e 250 posti a sedere (ora ridotti ad un totale di 600). Il palcoscenico era composto da due quinte di stoffa sormontato da due sipari interni e da una tela panoramica di fondo lunga dodici metri. Ora questa grande e bella struttura è tornata operativa con una iniziale programmazione fatta da Armunia che ha portato in scena, già in questa stagione, artisti del calibro di Lello Arena, Silvio Orlando ed ora Paolo Rossi.
Il pirotecnico attore che, " in barba " ai suoi 60 anni, dimostra ancora di essere il solito irriverente, incontenibile e geniale guitto, questa sera ha proposto al suo affezionato pubblico un nuovo lavoro che gli permette di evidenziare il proprio stile recitativo caratterizzato dall'immergersi con disinvoltura nelle tematiche dell'attualità e dalla rappresentazione dei classici antichi e moderni. All'inizio dello spettacolo, senza preamboli ed incertezze, ha subito presentato in maniera asciutta e sintetica il proprio spettacolo come una lezione di teatro, dove tutto sembra ogni sera frutto di improvvisazione casuale.“Il qui e ora della rete, il là adesso già detto, della tv digitale satellitare fino alle telecamere sparpagliate in ogni angolo delle nostre città in nome della nostra sicurezza, più spesso però a crimine avvenuto, traslocano il teatro da palcoscenico del mondo al mondo in uno sterminato palcoscenico, studio, set" racconta Paolo Rossi a proposito di questo suo nuovissimo spettacolo
L'attore ha voluto anche creare un collegamento personale con Rosignano Solvay, il luogo dove perfino il teatro porta il nome della fabbrica chimica, ricordando all'inizio dello spettacolo che è nato a Monfalcone città nella quale, guarda caso, esisteva una fabbrica Solvay ed i suoi studi nel settore della chimica.Ha proseguito quindi con un excursus dei suoi lavori, i suoi maestri, lezioni di teatro in pillole per giovani artisti partendo da come si racconta una storia ( barzelletta), passando dal cabaret al Mistero buffo 2.0, attraverso Molière, Cecchelin, Jannacci, Gaber, fino ad arrivare a Shakespeare.
Paolo Rossi è stato accompagnato in scena dalle musiche di Emanuele Dall'Aquila ( chitarra) ed Alex Orciari ( contrabbasso ) e con una prestazione di oltre un'ora e mezzo è riuscito,come al solito, a " graffiare " l'anima e far ridere a " crepapelle " l'affollata platea del teatro con le sue storie che hanno fatto da simpatico supporto ad una satira politica forse più profonda ed allargata ad un lungo periodo storico rispetto a precedenti lavori. Come promesso e predetto nell'avvio dello spettacolo un finale con due bis travolgenti ( perfino un assolo con "uno strampalato" strumento musicale ) che ha coperto il commiato di Paolo Rossi dal risorto teatro Solvay con una quantità tale di applausi da fare " resuscitare " tutti i successi di una storia lunga quasi 100 anni.