Lo spettacolo comincia con Carosello si insinua negli interstizi di una memoria collettiva, ancora pressoché intatta, di una pratica televisiva ormai morta da tempo, quella che, indicativamente, possiamo collocare nell'arco dei venti anni che hanno visto nascere, proliferare e concludersi Carosello, uno spazio pubblicitario unico nel suo genere, che non ha riscontro in nessun altro paese industrializzato, e nel quale si sono cimentati molti registi del nostro cinema, noti (Zurlini, Olmi) e molto noti (F-lli Taviani) avendo come testimonial il gotha del nostro spettacolo teatrale e cinematografico.
Riccardo Castagnari, autore, attore e regista, allestisce uno spettacolo con la sensibilità, l'acutezza e l'onestà intellettuale di allora, senza cadere mai nella tentazione retorica dell'operazione nostalgia. Lo spettacolo comincia con Carosello non è infatti un semplice omaggio ma una rivisitazione, acuta, colta e impeccabile su parte della nostra storia televisiva, delle sue canzoni e dei suoi jingle pubblicitari.
Castagnari apre lo spettacolo scendendo, in tuxedo e bombetta, sulle scale dal fondo della platea digradante verso il palco, mentre, valigia alla mano, canta Mazzabubù, la sigla dell'omonimo programma tv con Gabriella Ferri - uno dei canti del cigno di un modello di fare televisione giunto alla fine - del quale riprende l'intero incipit con tanto di spiegazione al pubblico del titolo Mazzabubù e il riferimenti agli anni 50, quelli cui era dedicato il programma tv ma, anche, decennio di inizio di Carosello cui Castagnari dedica il proprio spettacolo.
L'incipit che rimanda a un altro incipit ben rappresenta la cifra stilistica dello spettacolo e anche la firma estetica Castagnari.
Nessuna celebrazione che nel suo stesso farsi affida definitivamente al passato ciò che vuol celebrare, ma la riproposizione di un esempio di spettacolo, di tv, del quale nella sua riproposizione ne afferma l'estrema necessità anche nel nostro presente, dimostrando la capacità di quel tipo di intrattenimento di sapere parlare anche al pubblico del presente.
La televisione e Carosello sono presi in considerazione da Castagnari come elementi catalizzatori di una cultura musicale e teatrale il cui vero collante, prima ancora degli autori di allora (che, come ricorda Castagnari, venivano tutti dal teatro) è il pubblico stesso, in grado di apprezzare, distinguere, discernere e ricordare.
Castagnari si fa carico di quella cultura in una tripla veste.
Quella di interprete delle canzoni e dei jingle di quell'universo televisivo scegliendo da un repertorio immenso, senza nulla tralasciare, dalle sigle - si va da Vieni via con me (Taratapunzi-e) di Canzonissima 1972 a Din Don Dan di Milleluci - alle canzoni degli sceneggiati tv (Il mio somaro ha in fronte una stellina di Modugno dal teleromanzo musicale Scaramouche) (e l'elenco potrebbe continuare a lungo) agli stessi Jingle.
Ci sono poi le vesti di padrone di casa, del presentatore galante che si rifà al savoir faire dei conduttori di allora, interrogando il pubblico su titoli e interpreti dei brani eseguiti, o degli slogan pubblicitari anche di 50 anni fa (E mo'? Moplen) ancora intatti nell'immaginario collettivo e quella di autore dello spettacolo che alterna i ricordi personali e cenni biografici (occasione per interpretare alcune canzoni famose di quegli anni da La bambola a Finchè la barca va) a considerazioni sul presente.
Da quella essenziale e fondamentale che la tv di allora era espressione della nostra società mentre la tv di oggi rimanda a una società inesistente, ai brevi, caustici e azzeccati commenti sul divario tra le pubblicità di allora e quelle di oggi, tra il pudore che impediva l'uso di certe parole in tv, come purga costringendo i pubblicitari a sforzi creativi che hanno portato a slogan ancora oggi in uso (Falqui basta la parola) ai dettagli corporali, tra piccole perdite, gengive sanguinolente e yogurt lassativi, che ci propinano oggi a tutte le ore.
In questo lavoro di rivisitazione Castagnari è affiancato dal M° Andrea Calvani che lo accompagna al piano, riarrangiando tutti i brani eseguiti, e dalle cantanti Margherita Tatarelli ed Erica Tuzzi che lo sostengono nelle interpretazioni musicali.
Castagnari, generoso e niente affatto prima donna, lascia spazio oltre che agli assoli di Tatarelli e Tuzzi anche al maestro Calvani che èlascaito da solo sul palco, con la scusa che le trasmissioni saranno riprese al più presto possibile a eseguire parte del noto intervallo televisivo quello tratto dall'Allegro della Sonata VI in La maggiore di Pietro Domenico Paradisi e tra il pubblico qualche distratto (pochi) si alza pensando ci sia davvero una pausa...
manca loro forse un po' di disinvoltura a stare sul palcoscenico, che Castagnari ha innata, nulla che l'esercizio delle repliche non possa loro permetter di raggiungere (la replica cui abbiamo assistito, pur registrando un successo di pubblico pari a quello della prima, con una platea gremita attenta e sollecita, era straordinaria e, almeno per il momento, unica).
avrebbe detto antropologici) che investono il nostro presente, Castagnari si cimenta anche con alcuni
monologhi storici di Franca Valeri che, nonostante un dialetto romano non proprio spontaneo, sa rendere con grande forza e credibilità, nei quali più che l'irresistibile battuta comica sottolinea il sottotesto umano dei personaggi portati sulla scena dalla grande autriceattrice milanese.
Lo spettacolo comincia con Carosello è un esempio di teatro intelligente, raffinato, colto e popolare, come la tv di quegli anni, al quale si perdonano alcune imprecisioni storiche frutto di un'ovvia distrazione nel maneggiare una mole non indifferente di dati (poche in verità: Pasolini non ha mai diretto alcun Carosello; l'inizio delle trasmissioni televisive attestato nel 1956, cominciate in realtà due anni prima, e l'aver annoverato Totò tra gli ospiti di Milleluci, 1974, partecipazione impossibile essendo il comico napoletano morto nel 1967) distrazioni che si notano proprio per la precisione filologica di uno spettacolo che oggi costituisce una rarità, una vera boccata d'aria contro l'omologazione culturale e si merita anche per questo un lungo numero di repliche.
Uno spettacolo nel quale Castagnari mostra per la tv la stessa competenza e lo stesso amore degli autori teatrali che l'hanno fatta.
Così, alla fine, quando Castagnari e Margherita Tatarelli ed Erica Tuzzi cantano Mazzabubù risalendo le scale di platea guardando il pubblico dritto negli occhi, chiudendo lo spettacolo così come l'hanno cominciato, spettatori e spettatrici si rendono conto che Lo spettacolo comincia con Carosello ha restituito loro la dignità il rispetto e la considerazione che si ha per delle persone non come vengono di solito trattai dalla tv di oggi, e non solo, come un gruppo di clienti.
Merito, anche questo, della classe, della raffinatezza e del gusto di Castagnari, che (di)mostra come ancora oggi un altro tipo di intrattenimento sia non solo possibile ma ancora maledettamente necessario.