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LO STRANIERO, UN'INTERVISTA IMPOSSIBILE

Gifuni legge Camus al Teatro Franco Parenti

Gifuni legge Camus al Teatro Franco Parenti

Il teatro è quel  posto in cui succede qualcosa. Al Nastro d'argento Fabrizio Gifuni,  di scena in apertura di stagione al Teatro Franco Parenti con “Lo straniero, un'intervista impossibile”, è successo di  farsi carico di righe scritte da Albert Camus quasi settanta anni fa e di doversi faticosamente calare con la mente dentro un'altra mente, quella di un uomo qualunque di nome Meursault che  per caso uccide un arabo in riva al mare. E' una storia di incontri: l'incontro tra un attore ed uno scrittore, l'incontro tra un attore e un personaggio, l'incontro  tra un attore/personaggio e un pubblico disponibile ad ascoltarlo. E a guardare bene come in un gioco di scatole cinesi ognuno di questi incontri si apre ad altri incontri, trame di mediazioni e scambi,  non ultimo quello con se stessi e la propria coscienza. Perciò sbaglia chi pensa che sul palco, dietro il leggio e le aste dei microfoni, Gifuni vestito di un abito bianco demodé sia  solo. O peggio, che sia solo un uomo che legge.
Meursault qui ha la forza di parole sempre rispettate, quelle che Camus gli ha cesellato addosso riga dopo riga, capitolo dopo capitolo. Di sicuro è un estraneo, un alienato  davanti al mondo ed è straniero persino alla sua naturale condizione di essere umano. Ma è molto più di questo perché la sua mente, come la mente di ogni uomo, è fatta di minuscole sfaccettature potenzialmente infinite. Sulla scena l'impenetrabile si fa mano a mano sempre più denso e palpabile, carne e parola, sole che scotta la pelle e giorno che cola come sudore sulla faccia, cielo imbottito di stelle la cui luce riesce a tagliare il ferro delle sbarre di una prigione. Ma in generale restano soprattutto 70 minuti di buon teatro dove succede qualcosa. Un attore che  si inabissa nei meandri del testo fin quasi a dissolvere la sua persona tra le righe, che annaspa dentro ogni lettera ma infine trova la strada e riemerge stringendo in mano un dono  a misura di spettatore attento e non. E' un percorso, un processo faticoso  che spesso paga.  Sul palcoscenico alla vita colta nel suo farsi qualche volta è concesso il privilegio di una voce e un corpo.

Visto il 02-07-2014