Lirica
L'OCCASIONE FA IL LADRO

La leggerezza di Rossini

La leggerezza di Rossini

Non so quante volte l’ho scritto, ma voglio ripetermi di nuovo: al momento di portare in scena un lavoro di Rossini non devono mai mancare mano leggera, molto garbo ed un sottile ‘sense of humour’. Gli stessi ingredienti di base impiegati da un compositore appena ventenne alle prese con i suoi primi esperimenti teatrali, vale a dire le cinque farse commissionategli dal veneziano Teatro di San Moisè. Taluno può anche pensare che dentro questi brevi lavori– suppergiù un’oretta e mezza di musica – sia stato messo in campo poco materiale, e quindi non ci sia poi molto da fare. Opinione quanto mai errata e balorda, ma che ha originato certe esecuzioni a mezzo servizio, certi allestimenti buttati giù alla meno peggio; e di converso facilmente confutabile da molte auterevoli testimonianze, come nel caso del delizioso ciclo completo curato molti anni fa da Marcello Viotti per la Claves (oggi raccolto in un economico box Brilliant) con vari cast di giovani e convinti interpreti; oppure con l’inarrivabile esempio di Marc Minkowski, che nel 1997 realizzò per Erato un “Inganno felice” assolutamente esemplare.
Arguzia, vivacità, comunicativa, ma anche capacità di alternare una pungente risata con un melanconico sorriso, od una beffa con un languido discorrere d’amore: ecco le giuste basi di partenza per portare in scena questi piccole, incantevoli miniature teatrali. Che poi in teatro musica e drammaturgia vadano pienamente d’accordo, soddisfacendo tutte queste premesse, non deve’essere un piccolo miracolo del quale ringraziare Santa Rita da Cascia – la santa dei casi impossibili - ma un atto dovuto  come in questa piacevole edizione triestina de “L’occasione fa il ladro” che ha allineato di fronte allo spettatore  un concertore capace, una messa in scena dai tratti intelligenti, un cast adeguato. Pregi dei quali andiamo a parlare senza tergiversare oltre.


Già assistente di Gabriele Ferro prima e di Alberto Zedda poi, il poco più che trentenne direttore spagnolo José Miguel Pérez-Sierra si è fatto apprezzare in passato al Rossini Opera Festival – quindi nella buca del leone - con due riuscite direzioni, quella de “Il viaggio a Reims” nel 2006 e de “La scala di seta” nel 2011; ma nel suo carnet balza in evidenza anche qualche altro titolo rossiniano, cioè “L’italiana in Algeri”, “Cenerentola” ed il rarissimo “Ricciardo e Zoraide” eseguito al Festival di Wildbad – altra nota enclave rossiniana - e fissato a buona memoria in CD Naxos.  Alle prese ora con “L’occasione fa il ladro” ha realizzato una direzione dai tratti luminosi, duttile e ricca di finezze musicali, ben variata nella dinamica, dall’efficace tensione narrativa e dalla bella pulsione ritmica. Perfetta l’intesa sia con il complesso orchestrale del Teatro Verdi, che l’ha assecondato pienamente, sia con il palcoscenico, in un perfetto gioco di equilibrii; e vien naturale pensare che a tanta inclinazione verso un teatro ‘leggero’, non sia estranea l’assidua frequentazione con il mondo della zarzuela spagnola, genere del quale l’artista madrileno è divenuto ormai in patria un apprezzatissimo interprete.


Abbiamo poi ritrovato con piacere Irina Dubrovskaya, soprano dalla bella linea espressiva che aveva già ricoperto a Venezia, con la stessa proprietà, il ruolo centrale di Berenice superandone indenne la fitta coloratura; Don Parmenione era nelle mani del solido, brioso e spigliato Domenico Balzani; il Conte Alberto era Matteo Mazzaro, giovane tenore ancora limitatamente espressivo, apparso alquanto incerto nell’impegnativa  aria “D’ogni più sacro impegno”, un po’ più convincente nel duetto con Berenice. Quanto ai comprimari, Ernestina era offerta dalla bravissima Antonella Laura Colaianni; il basso Andrea Porta ha ben abbozzato il servitore Martino, anche nella sua piccola aria; il tenore Gianluca Sorrentino interpretava il grave Don Eusebio.


Lo spettacolo in sé l’abbiamo conosciuto già l’anno scorso al Teatro Malibran di Venezia, seconda tappa della progetto di collaborazione tra la Fondazione Teatro Fenice e l’Accademia di Belle Arti, volto a portare in scena al Malibran le cinque farse del San Moisè. Di questa felice “Occasione” è responsabile principale Elisabetta Brusa, docente di Ca' Foscari e guida di un Cantiere di ricerca e sperimentazione teatrale: è lei che ha coordinato il lavoro di un valente team della Scuola di scenografia formato in origine da Alberto Galeazzo (scene), Laura Palumbo (costumi) e Sara Martinelli (costruzioni); e non va dimenticato che a suo tempo vennero coinvolti nell’iter creativo molti altri studenti dell'Accademia veneziana. Restano quindi invariati gli apprezzamenti espressi allora, riferendo nuovamente di uno spettacolo leggero, spigliato, divertente, costruito con bella accortezza e tramite una regia naturale e spontanea; uno spettacolo fatto di poche ma intense invenzioni, che non caricano una costruzione leggera ed eterea. Addosso ai protagonisti candide vesti e strane acconciature di carta-tessuto, aggraziate nel disegno; la gigantesca proiezione della mano del giovane Rossini che scrive candide missive alla madre (riferendo del lavoro e ringraziando il papà del graditissimo invio di uva passa); le due scene fisse – l’albergo dello scambio di valige, e la ariosa dimora napoletana - incorniciate da un ‘passepartout’ come una stampa d’antan, con in alto le didascalie del libretto del Previdali; i giusti accenni d’arredo e simpatiche trovate, come quella dei mimi/danzatori tuttofare, camerieri anch’essi in candide vesti però di stoffa, che accolgono il pubblico in sala – e naturalmente fotografatissimi - messi pure a manovrare a vista gli antichi effetti di scena - vento, lampi, tuoni e pioggia - durante il temporale iniziale che sostituisce la tradizionale ouverture. Anche a loro, sagome svolazzanti ed instancabili, dobbiamo un giusto encomio citandoli in stretto ordine alfabetico: Gianmaria Bissacco, Marco Ferraro, Armando Polacco, Marjolaine Uscotti, Federico Vazzola, Annalisa Viviani.


Teatro non proprio pienissimo, ma quanti erano presenti si sono mostrati molto soddisfatti dello spettacolo e generosi di applausi.

Visto il
al Verdi di Trieste (TS)