Lirica
LUCIA DI LAMMERMOOR

Lucia hollywoodiana

Lucia hollywoodiana

La Scala importa dal Metropolitan di New York la celebre Lucia del 2007 con la regia di Mary Zimmerman con cui si sono cimentate Natalie Dessay e Anna Netrebko, la quale è protagonista del vendutissimo DVD Deutsche Grammophon insieme a Piotr Beczala (Alfredo nella recente Traviata). Uno spettacolo curatissimo, molto bello a vedersi nello sfarzo di scene e costumi hollywoodiani e con qualche soluzione su cui fermare l'attenzione.

L'ambientazione scelta è l'Ottocento invece del Cinquecento, fatto che non aggiunge nulla al libretto ma che neppure crea incongruenze evidenti.
Le scene di Daniel Ostling sono sontuose e realistiche. L'incipit è in una radura all'ingresso di un maniero, in fondo si intravede un bosco e il cielo che trascolora. L'alzarsi di una quinta con un taglio a simboleggiare un portale svela un esterno tra rocce e arbusti, mentre una fonte sul lato destro ambienta il racconto della protagonista. Per il secondo atto un interno profondo e angolato di sbieco, i colori e il décor rimandano quasi a situazioni pietroburghesi; lenzuoli sui mobili pongono l'attenzione sulla scrivania di Enrico ma, tolte le coperture, ecco l'arredo di un sontuoso salone per la firma del contratto di matrimonio: il sole inonda lo spazio da due grandi finestroni sulla sinistra. Il terzo atto privilegia il vuoto: una passerella a notevole altezza è raccordata al palcoscenico da una scala semielicoidale che poi scivolerà via davanti a una luna enorme. A caratterizzare gli esterni un fondale con alberi spogli e un cielo di colori irripetibili filtrati da nuvole orizzontali allungate; specularmente, ogni atto è introdotto da velatini con rami spogli e nodosi sempre più numerosi.
I costumi di Mara Blumenfeld ricreano l'elevato ceto sociale dei protagonisti utilizzando stoffe e finimenti preziosi e colori omogenei da cui si staccano il rosso scuro o il bianco della protagonista; poco congruente l'ambientazione (bellissima) invernale con l'essere Edgardo praticamente sempre in maniche di camicia. Come nelle scene, anche nei costumi i dettagli sono curatissimi, persino le scarpe di Lucia schizzate di sangue nella scena della pazzia.
Fondamentali nell'economia dello spettacolo le perfette luci di T.J. Gerckens, soprattutto nel fondale che trascolora dalle albe ai tramonti come a svelare l'anima sofferente dei protagonisti e nel sottolineare i loro volti in modo da evidenziare l'interiorità e il percorso umano. Utili le coreografie di Daniel Pelzig a rendere in modo plastico e morbido i movimenti delle masse impegnate.

La regia di Mary Zimmerman è tradizionale e ha il pregio di conquistare l'attenzione del pubblico spiegando chiaramente il libretto, compreso il fantasma evocato da Lucia durante il racconto ad Alisa “Regnava nel silenzio”; quando se ne discosta, il risultato è discutibile: la foto durante il sestetto distrae inutilmente, l'iniezione che un dottore fa sulla spalla di Lucia durante la pazzia è fuori luogo, il fantasma di Lucia che guida il pugnale di Edgardo nel finale è banale seppure intende ricollegare la pazzia della protagonista alla donna di cui si narra all'inizio. Elementi comunque che nulla tolgono al fascino di uno spettacolo di grande pregio teatrale nel segno della tradizione. Il sottolineare la presenza dei fantasmi, affidati alle luci come nelle lingue ectoplasmatiche dell'inizio, non spinge sul pedale dell'horror ma serve a meglio connotare la vicenda, come si legge nelle note di regia: “l'ombra inquieta della giovane uccisa da un antenato di Edgardo infesta i dintorni del castello di Ravenswood e attira a sé Lucia, impadronendosi di lei e passando attraverso di lei per impadronirsi anche di Edgardo e trascinare tutti con sé nella tomba”.

Pier Giorgio Morandi dirige con precisione di tempi ma suoni a tratti eccessivi sia nel volume che nella cura dei colori e delle trasparenze della partitura resa in modo abbastanza piatto e convenzionale nonostante il rilevante impegno dell'ottima orchestra di casa.

Albina Shagimuratova ho voce trasparente e luminosa, non mostra particolare fatica nelle colorature e la pronuncia è curata; “Regnava nel silenzio” è corretta ma avara di colori e il soprano non mostra alcuna sorpresa all'apparire del fantasma; sicuramente la freddezza interpretativa resta un limite. Al contrario Vittorio Grigolo è esuberante e vivace, quasi troppo, col rischio di scivolare nell'impeto verista, ma la voce è davvero bella e bene usata, il timbro morbidissimo e pieno di luce, il registro centrale corposo e screziato di bruniture, sicure le salite all'acuto a fronte di meno sonore incursioni nel grave, intelligente l'uso delle mezzevoci per meglio caratterizzare il suo Edgardo non come banalissimo macho. Massimo Cavalletti è corretto e per il suo Enrico prova a lavorare su accenti e sfumature, convincendo. Voce piccola per Juan Francisco Gatell ma prestazione degna di nota: un Arturo anche scenicamente giusto. Sergey Artamonov è Raimondo, poco tonante ma curato e accattivante. Barbara Di Castri è adeguata come Alisa anche se gli acuti nel sestetto sono poco controllati. A completare il cast il Normanno di Massimiliano Chiarolla e l'ottimo coro preparato da Bruno Casoni.

Teatro gremito, vivo successo con pubblico soddisfatto e a lungo plaudente.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)