Lirica
LUCIA DI LAMMERMOOR

Lucia tra due guerre mondiali

Lucia tra due guerre mondiali

Penultimo titolo in cartellone prima della pausa estiva, la Lucia di Lammermoor andata in scena al Comunale di Bologna è una nuova produzione del teatro felsineo, realizzata in collaborazione con ABAO Bilbao, Slovak National Theatre e il Carlo Felice di Genova.

L’allestimento

Imponente la scenografia, sostanzialmente fissa, pensata da Maurizio Balò: un vasto ambiente, occupato solo da un lungo tavolo di legno e da alcune sedie, vede le amplissime vetrate di cui è dotato, quando non celate dietro pesanti tendaggi verdi, aprirsi su scenari naturali tempestosi, in linea assoluta con lo spirito romantico. 
L’azione è trasposta negli anni ‘30/’40 circa del secolo scorso ed è intrisa di una soverchiante efferatezza. Già durante il preludio appare per un istante il corpo senza vita della protagonista appeso ad un laccio; Lord Enrico Ashton, mentre viene a sapere dell’amore di Lucia per Edgardo, infierisce su un grosso cervo, buttato sul tavolone e frutto della battuta di caccia, staccandogli la testa; lo stesso Enrico, dopo aver offerto in prova alla sorella la falsa lettera, tenta di violentarla e viene fermato da Normanno che gli punta una pistola alla tempia; all’inizio della scena della pazzia Arturo entra in scena sanguinante al seguito della moglie, per poi spegnersi riverso sul tavolo, annullando così quell’offuscamento della tensione emotiva che la narrazione di un delitto avvenuto fuori scena intende sortire, in modo da mantenere in qualche maniera pura la figura della protagonista; non da ultimo l’azione si chiude, quasi in un’ottica da Ringkomposition, con la morte di Lucia suicida per impiccagione. 
Proprio questo forse è il principale difetto della regia di Lorenzo Mariani che, insistendo troppo su una tematica sì presente, e anche con dovizia, all’interno di una vicenda totalmente tragica, rischia però alla fine di sortire effetti opposti.

L’aspetto musicale e vocale

Interessante la concertazione di Michele Mariotti, al debutto in quest’opera, il quale, staccando tempi giustamente sostenuti, si apre a scorci ricchi di lirismo e pathos tipicamente romantici, senza però scadere in eccessi fastidiosi. Buona la cura del dettaglio, all’interno di un ben realizzato equilibrio di volumi fra buca e palcoscenico; apprezzabile l’idea di non praticare quasi nessuno dei tagli di tradizione alla partitura.
Irina Lungu è una Lucia volitiva, dai tratti risoluti e, a parte qualche momento di non perfetto controllo degli acuti forse troppo veementi, persuasiva. Pregevole la scena della pazzia, eseguita con gusto e puntuale cura del fraseggio, che evidenzia la buona consuetudine della Lungu col canto di agilità.
Markus Werba indossa i panni di un Enrico dal carattere perverso, dedito alla violenza in ogni sua forma; il timbro è chiaro, ma piacevolissimo, l’emissione ben calibrata. Il personaggio risulta di fatto comunque un po’ penalizzato dalle scelte registiche che non collimano esattamente con lo stile ben più elegante del protagonista.
Voce sonora e acuti squillanti per il vigoroso Edgardo di Stefan Pop il quale dipinge la figura di un innamorato risoluto e deciso; una maggior cura del fraseggio non guasterebbe, ma lo strumento esibito da Pop è di tutto rispetto. 
Belle le bruniture del Raimondo di Evgeny Stavinsky; adeguato l’Arturo di Alessandro Luciano.

 

Visto il 20-06-2017
al Comunale - Sala Bibiena di Bologna (BO)